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Ottobre 2013

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Recensioni

ALL'OMBRA DELLA «CASA DI SALOMONE»

L'influenza delle grandi fondazioni sulla scienza del xx secolo (parte II)

Ermenegildo Caccese

 

Il presente articolo continua, senza esaurire, il percorso sul rapporto tra scienza e potere, inaugurato con lo scorso numero della rivista e al quale per completezza si rimanda.

 

3. Il doppio legame nell’età dello Stato Nazionale

Dio ti benedica, figlio mio e Dio benedica questa relazione che ho fatto.

Io ti do il permesso di renderla pubblica per il bene di altre nazioni; ché noi

qui siamo nel grembo di Dio, terra sconosciuta.

(F. Bacon. Nuova Atlantide)

 

La scienza moderna ha la sua origine nell’arco di tempo tra la fine del xvi e l’inizio del xvii secolo. Ovviamente non tutte le teorie, le scoperte o le pratiche sperimentali che formano l’ossatura del pensiero scientifico moderno sono nate in questo periodo: bastino gli esempi del modello eliocentrico di Niccolò Copernico (1473-1543) o l’approccio di Andrea Vesalio (1514-1564) allo studio del corpo umano. La nascita della scienza moderna è intesa dalla maggioranza degli storici come una rivoluzione, come il formarsi di uno specifico campo del sapere, che estende quello tradizionale della filosofia naturale. E tuttavia, a fronte di questo ampliamento senza precedenti storici, la rivoluzione nella scienza è di problematica spiegazione, almeno finché ci si limita alla storia delle idee e delle scoperte, o quella delle realizzazioni tecniche. Se invece si tiene conto anche dell’aspetto politico, è facile trovare le condizioni che consentirono la rivoluzione scientifica e la realizzazione della comunità scientifica moderna. Queste vanno cercate nel processo di consolidamento dello Stato Nazionale, e in particolare nel riconoscimento della scienza da parte del Potere[1].

Secondo l’opinione degli storici, la configurazione, diciamo, secolare degli stati che formano l’Europa moderna si consolida tra il 1450 e tutto il xvii secolo. È però nel secolo della genialità[2], il xvii, che si deve cercare la prima presa di coscienza, sul piano della teoria politica, dello Stato Moderno. Si tratta dell’idea, declinata in vari modi dai filosofi di questo periodo – tra cui Francis Bacon – che lo Stato sia il solo veicolo del progresso umano. Che questo sforzo di coscienza razionale sia o no la sovrastruttura ideologica della politica di egemonia e delle conseguenti necessità belliche del nuovo quadro europeo – innescate dalla ricchezza sottratta al Nuovo Mondo – oppure dell’alleanza del Potere del Sovrano con la classe emergente mercantile-imprenditrice, resta un fatto che è in questo periodo che lo Stato trova il suo consolidamento e le sue elaborazioni dottrinarie.

In questo lavoro chiamo Età dello Stato Nazionale, il periodo della storia europea che inizia con la formazione dello Stato, a valle del Rinascimento, prosegue per tutto il xviii secolo e culmina in quello che E. Hobsbawm ha definito il Secolo Lungo, 1789-1914[3]. In tutto quest’arco di tempo gli stati dell’Europa occidentale formarono una configurazione più o meno stabile e ciascuno di essi – o almeno quelli che erano dotati dei mezzi per assurgere al ruolo di grandi potenze[4] – perseguì una propria politica di potenza o cercò il proprio ‘spazio’, in modo indipendente dagli altri. Rispetto all’ordine europeo emerso a metà del xvii secolo, dopo il ridimensionamento del tentativo di egemonia da parte degli Asburgo, una grande discontinuità fu provocata dalle due rivoluzioni che aprirono il Secolo Lungo: la rivoluzione politica e quella economica, ossia la Rivoluzione Francese e la rivoluzione industriale in Inghilterra. Se la configurazione degli stati europei non fu alterata in modo sostanziale dalle due rivoluzioni, salvo il breve periodo napoleonico, la struttura del Potere nei singoli stati subì un cambiamento destinato a radicarsi ed espandersi a tutto il mondo occidentale.

Questa discontinuità corrispondente al primo mutamento di forma del Patron, determina nella storia politica della scienza due ‘età’, diverse per l’organizzazione della ricerca, la partizione disciplinare e le istituzioni: l’età delle Accademie (dal principio del ‘600 al 1789), e l’età della Scienza Nazionale (dal 1789 al 1914).

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3.1. L’età delle Accademie

Fin dalle sue origini, a valle del Rinascimento, la filosofia naturale manifestò la tendenza a crescere in modo autonomo rispetto alle istituzioni culturali, le università, e ai sistemi di pensiero consolidati dalla tradizione medievale. La crescita si avvalse di nuovi strumenti di osservazione e della diffusione di libri stampati, oltre che di nuovi punti di vista filosofici. Va aggiunto che anche i campi di indagine si ampliarono in modo che la partizione disciplinare della tradizione medievale non poteva inquadrare, né era in grado di riportare al denominatore filosofico comune della Scolastica.

Un’altra importante caratteristica della filosofia naturale post-rinascimentale fu la tendenza alla formazione di circoli ed organizzazioni in cui, con il sostegno dei mezzi di un mecenate, i filosofi potessero svolgere le loro attività, e soprattutto confrontarsi in discussioni periodiche. Con questa pratica venivano di fatto aggirate l’università e l’influenza dell’autorità religiosa, e si realizzava un canale di sostegno diretto ai nuovi modi di pensare e indagare i fenomeni naturali. Questi gruppi, le Accademie, sono più o meno coevi all’opera di Bacon. Essi non furono tentativi di realizzazione concreta dell’utopia di Bacon più di quanto Nuova Atlantide non fosse la loro versione ideologica, tuttavia i due piani, come vedremo, tendevano a convergere.

Vale la pena di ricordare gli esempi principali[5]. L’Accademia dei Lincei fu fondata a Roma nel 1603 da Federico Cesi di Acquasparta (1585-1630), appartenente all’aristocrazia dello Stato della Chiesa, ma non sopravvisse molto alla morte del suo fondatore. Cessò infatti la sua attività nel 1651[6]. Nel 1657 Leopoldo de’ Medici, fratello dell’Arciduca Ferdinando II, fondò a Firenze l’Accademia del Cimento, la quale ebbe vita fino al 1667. È possibile che la chiusura di questa accademia sia stata la condizione imposta dal Papa per l’elezione di Leopoldo a Cardinale[7]. Dell’Accademia dei Lincei fu membro Galileo Galilei (1564-1642), mentre dell’Accademia del Cimento fecero parte Vincenzo Viviani (1622-1703) ed Evangelista Torricelli (1608-1647), allievi di Galilei, e Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679).

L’Italia della prima metà del xvii secolo era ricca di potenzialità, tanto che le opere realizzate sia dai singoli filosofi naturali, sia dalle accademie, influenzarono in modo decisivo le comunità di filosofi degli altri paesi europei. Tuttavia l’Italia era anche la sede della Chiesa della Controriforma, e non esistevano, come nell’Europa del Nord, autorità sufficientemente forti da perseguire politiche autonome rispetto alla Chiesa.

A Roma S. Ignazio di Loyola, fondatore dell’Ordine dei Gesuiti, aveva istituito il Collegio Romano nel 1551, con un programma di insegnamento a tutto campo, che veniva inteso come una particolare forma di missione. Nel 1584 il Collegio divenne l’Università Gregoriana. I Gesuiti svolsero il ruolo di insegnanti e conservatori del sapere, che si erano assegnati con il sostegno del Papa, in tutta l’Europa della Controriforma ed anche nei paesi con una forte comunità cattolica, come la Francia. I Gesuiti hanno sempre manifestato una ‘doppia anima’: incoraggiamento dell’innovazione, da una parte, e difesa dell’ordine costituito, dall’altra parte. Per questo la loro funzione nel contesto della rivoluzione scientifica fu ambivalente. Come fu ambivalente la loro politica culturale più generale. È probabile che molti tra loro perseguissero lo scopo di rinvigorire l’alleanza tra ragione e fede che era stata uno dei pilastri della Scolastica e della rinascita culturale tra il xii e il xiii secolo. Ma la loro ubbidienza all’autorità del Papa e la preoccupazione controriformista che nelle nuove dottrine ci fosse il varco per il materialismo o, peggio, che esse favorissero i riformati[8], fecero dei Gesuiti anche i campioni della reazione cattolica alle nuove dottrine, e dunque alla scienza moderna. Non a caso il più influente membro della Compagnia di Gesù, Roberto Bellarmino (1542-1621), rettore del Collegio Romano dal 1592 al 1594 e consultore del Sant’Uffizio dal 1596, ebbe il ruolo decisivo nei processi a Giordano Bruno e a Galileo Galilei.

L’esperienza delle accademie dei Lincei e del Cimento offrono l’occasione di un confronto utile alla tesi principale di questo lavoro. La prima non ricevette mai il riconoscimento del Potere.

L’atteggiamento di Cesi e degli altri Lincei era per scelta libero da ogni vincolo di sottomissione nei confronti dell’autorità dei classici, principalmente Aristotele, sebbene rispettoso della religione e dell’autorità del Papa. Questo fece sì che le attività dell’Accademia venissero scoraggiate, se non ostacolate, perfino dai familiari del principe Cesi.

L’Accademia del Cimento, nacque invece per volontà politica e per la passione per le scienze di Leopoldo de’ Medici. Anch’essa però non visse a lungo come le altre grandi accademie europee che sarebbero nate di lì a poco, direttamente influenzate dall’esperienza italiana. La causa sta in quella che con termine contemporaneo si chiama sovranità limitata: il Granducato di Toscana e tutte le altre realtà politiche italiane erano troppo vincolate al Potere del Papa, come dimostra la vicenda del processo a Giordano Bruno in relazione alla Repubblica di Venezia. Ogni attività esposta al rischio di divenire un pericolo per questo vincolo non poteva essere tollerata. Ciò valeva in particolare per l’attività di un’accademia di filosofi naturali che volesse interrogare la natura con esperimenti e osservazioni dirette, mettendo così a rischio l’autorità dottrinaria della Chiesa. E comunque, a parte l’aspetto di difesa dottrinaria, la sovranità limitata si esercitava anche attraverso le stesse strutture della Chiesa, che avevano un carattere sovranazionale ereditato dalla tradizione medievale. Le carriere ecclesiastiche, per esempio, non erano regolate dal Principe ma dipendevano dal Papa. Che la nomina a cardinale di Leopoldo de’ Medici sia stata condizionata alla chiusura dell’Accademia, o che ne sia stata la causa, resta comunque il fatto che la fine di un’istituzione di enorme potenziale scientifico fu conseguenza del vincolo di fedeltà alla Controriforma cui aderivano tutte le realtà politiche italiane.

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Durante lo stesso periodo, la situazione nell’Europa settentrionale era molto diversa da quella italiana. Di fronte al medesimo fenomeno della formazione spontanea di accademie e società dedicate all’indagine sui fenomeni naturali, l’atteggiamento del Potere fu diverso. Nel corso del xvii secolo furono fondate la Royal Society in Inghilterra e l’Académie des Sciences in Francia: entrambe le società si erano formate in modo autonomo, e solo in seguito furono riconosciute dai rispettivi sovrani.

Più in generale, in tutti gli stati europei, indipendentemente dalla forma del governo, assolutistica o parlamentare, nel corso del xvii secolo il Potere prestò sempre maggiore attenzione allo sviluppo tecnico e alla formazione di competenze specifiche nei settori in cui queste erano necessarie, come la navigazione, le discipline militari, e tutti gli altri in cui le nuove conoscenze scientifiche erano decisive. L’atmosfera era dunque favorevole alla filosofia naturale.

La Royal Society fu creata da un gruppo di persone che si incontravano regolarmente al Gresham College, a Londra. Il Gresham College era stato realizzato nel 1597 per disposizione testamentaria di Thomas Gresham (1519-1579), un ricco mercante londinese, consigliere finanziario della Corona e fondatore della borsa delle merci di Londra. Al Gresham si tenevano – e si tengono tuttora – lezioni pubbliche settimanali impartite da professori del College[9]. Fu nell’ambito di queste lezioni che il 28 novembre 1660 un gruppo di persone decise di fondare l’accademia destinata a diventare, dopo due anni, la Royal Society. Nel 1662 la società ricevette infatti il riconoscimento, il nome e lo statuto dal Re d’Inghilterra, Carlo II. Il Royal Charter con il quale vengono stabilite le regole del funzionamento della Royal Society sembra riecheggiare le pagine di Nuova Atlantide, e di fatto molti dei primi Fellows della società erano influenzati da Francis Bacon. Tra questi, il primo segretario della Società, Henry Oldenburg (1618-1677).

Il gruppo che formò la Royal Society, oltre che dalle opere e dall’organizzazione dell’Accademia del Cimento, era influenzato dalle attività che si svolgevano in Francia. Qui, nel convento alla Place Royale di Parigi, il Padre Marin Mersenne (1588-1648) dagli anni ’20 del xvii secolo presiedeva regolari riunioni informali. Per la vastità dei suoi contatti personali e la capacità di individuare e diffondere le idee nuove, Mersenne si può ritenere uno degli ispiratori della comunità scientifica internazionale, egli tuttavia non fondò alcuna società. L’attività di Mersenne fu ripresa e proseguita da uno dei frequentatori delle riunioni, Henry-Louis Habert de Montmor (1600c.-1679), ricco aristocratico, il quale fondò un’accademia con il suo nome nel 1657. L’Accademia Montmor fu per molti versi l’equivalente francese del gruppo dei fondatori della Royal Society. Samuel Sorbière (1615-1670), segretario dell’accademia, ed altri membri, influenzati a loro volta da quanto avveniva in Inghilterra, esercitarono pressioni su J. Baptiste Colbert (1619-1683), ministro delle finanze di Luigi xiv, perché fosse realizzata un’accademia delle scienze, analoga a quella letteraria promossa da Richelieu. Il riconoscimento reale fu concesso e la prima riunione dell’Académie des Sciences si svolse il 22 dicembre del 1666.

La Royal Society e l’Académie des Sciences differivano dalle altre organizzazioni di filosofi naturali per la stessa caratteristica che rese l’Accademia del Cimento diversa da quella dei Lincei: il riconoscimento da parte del Sovrano – e cioè del Potere. Non si può certo dire che Carlo ii o Luigi xiv avessero tra i loro progetti la realizzazione dell’utopia di Francis Bacon. Il riconoscimento è però un fatto sul quale la storia avrebbe edificato quella che oggi chiamiamo scienza moderna.

Vi erano delle differenze nella struttura delle due accademie, la più importante delle quali non concerneva le regole di funzionamento ma la modalità del sostegno finanziario e materiale. Questa differenza derivava dalle differenti condizioni politiche della Francia e dell’Inghilterra nel xvii secolo.

In Inghilterra, ancor prima della rivoluzione industriale era venuto a determinarsi un patto tra il Sovrano e la classe mercantile-imprenditrice. Il Re non solo tollera, ma incoraggia e regola le iniziative economiche, indipendentemente dal censo dei loro promotori. In questo modo viene favorita l’accumulazione di grandi ricchezze per l’iniziativa di sudditi dotati di mezzi e capacità imprenditoriali. Queste ricchezze sostengono e arricchiscono a loro volta il Re e la nazione (quei gruppi sociali che nella nazione erano in grado di usufruirne), attraverso il fisco ma anche con la realizzazione di infrastrutture private. Va aggiunto che a partire dalla seconda metà del xvii secolo, anche il ricorso al debito della Corona, regolato dall’emissione di titoli, si rivelò un motore sia per la potenza dello stato sia per la prosperità delle attività economiche[10].

Quello di Thomas Gresham è solo un esempio particolarmente eloquente del patto tra Sovrano e classe imprenditrice, realizzato in Inghilterra e destinato ad essere il motore di tutta l’età successiva della storia europea. Un esempio che coinvolge anche la scienza: il Gresham College infatti non aveva bisogno del sostegno del Sovrano. Per pagare i costi della struttura e delle cattedre erano più che sufficienti le risorse finanziarie del lascito del fondatore. Ciò che ancora mancava, al Gresham come ad altre iniziative scientifiche sostenute da capitali privati, era il riconoscimento del Sovrano.

Arriviamo così a individuare il nucleo del modo di sostegno ufficiale alla scienza realizzato in Inghilterra, che possiamo chiamare modello liberale, prendendo a prestito il termine dall’economia politica. Il riconoscimento della scienza, o meglio, dell’organizzazione dell’attività scientifica, percorre la strada che era stata aperta dal patto tra il Sovrano e la classe mercantile-imprenditrice. L’atto di fondazione della Casa di Salomone si serve cioè di un patto analogo a quello che ha fatto dello Stato moderno l’incubatore del capitalismo. Riconoscimento e regolazione delle attività economiche, che portarono alla ricchezza delle nazioni, vengono estesi anche all’attività scientifica. Questa viene riconosciuta e regolata ma non sostenuta finanziariamente, o per lo meno non in modo completo e diretto, ma appoggiandola ampiamente alla ricchezza prodotta dalle attività dei privati.

Per l’Académie des Sciences il sostegno da parte del Sovrano venne a determinarsi in modo diverso, a causa delle diverse condizioni politiche della Francia. In un regime ancora assolutista, sebbene attraversato da enormi contraddizioni e gravi problemi finanziari, le politiche perseguite dal Sovrano erano caratterizzate dall’accentramento e dal controllo. Fu dunque del tutto naturale che alla richiesta del riconoscimento da parte dei futuri accademici, Colbert rispondesse ideando una struttura controllata dal Potere non solo attraverso lo statuto – il quale stabiliva anche le discipline rappresentate nell’Académie – ma provvedendo anche a una pensione reale per gli accademici, e stabilendo che questi usufruissero di strutture e attrezzature di proprietà della Corona. Il Re di Francia e il suo Ministro, con le loro politiche centraliste, sembrano dunque più vicini all’utopia di Bacon che non Carlo II d’Inghilterra.

Adoperando ancora l’anacronistica analogia con l’economia politica attuale, possiamo chiamare modello renano, quello realizzato in Francia. La ragione del termine renano è nel fatto che le altre accademie dell’Europa continentale (segnata dal corso del reno), per prima l’Accademia Prussiana, seguirono il modello francese piuttosto che quello inglese. Nel xvii e nel xviii secolo, escluse Inghilterra e Paesi Bassi, la forma di governo comune in Europa era infatti l’assolutismo, fu dunque naturale che in tali realtà politiche, ogni infrastruttura venisse diretta dal centro del Potere.

In questa prima stipulazione del patto con la scienza, concretizzato negli statuti della Royal Society e dell’Académie des Sciences, è già riconoscibile il doppio legame, il quale funziona da condizione per l’esistenza ‘ufficiale’ della scienza. Vi è però un potenziale ‘disequilibrio’ tra i due modelli, quello liberale e quello renano, in relazione al Potere. Questo, nei regimi assolutisti, si identifica nel Sovrano, ma in Inghilterra vi è ambiguità nell’identificazione, perché il Sovrano è un Patron più nella forma che nella sostanza. Il sostegno materiale proviene infatti da altri soggetti, destinati a divenire il nuovo Patron. Ciò avverrà tuttavia non prima che lo Stato Nazionale, prodotto dalla Rivoluzione Francese, sia entrato in crisi, al principio del xx secolo.

Modello liberale e modello renano si manterranno in equilibrio, come modi di sostegno alla scienza, per tutta l’età delle Accademie, e per tutta la successiva età della Scienza Nazionale. A fronte di questa differenza, ciò che accomuna le due esperienze è la creazione di un’infrastruttura politica ufficialmente riconosciuta finalizzata all’indagine dei fenomeni naturali. Una infrastruttura indipendente dalle università, nelle quali dominava ancora il clero, e formalmente al servizio del Sovrano. È su questa infrastruttura che si è sviluppata la scienza che conosciamo oggi, soprattutto dall’età post-rivoluzionaria.

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In tutta l’età delle Accademie furono realizzati progressi importanti nei vari campi di indagine, ma non vi fu una partizione disciplinare netta, e per di più a quelle tradizionali vennero ad aggiungersi varie altre discipline. È inoltre interessante seguire la dinamica dei programmi di ricerca che caratterizza questo periodo. La scienza ha un Patron, il Sovrano, al quale è vincolata da un doppio legame che è la prima realizzazione concreta del progetto di Bacon, ma il vincolo non è così rigido come diverrà nel periodo successivo alla Rivoluzione, quando lo sviluppo dello Stato Nazionale comporterà richieste molto più ampie e pressanti, e i ‘filosofi naturali’ diverranno scienziati di professione. È dunque prevalentemente l’accademia a determinare i programmi di ricerca.

L’età delle Accademie raggiunse il suo culmine tra la fine del xvii e i primi quarant’anni del xviii secolo, nel periodo in cui la comunità internazionale dei filosofi naturali fu attraversata dalla disputa sui fondamenti della scienza (oggi diremmo della fisica) tra il punto di vista di Isaac Newton (1642-1727) e quello che era stato inaugurato da René Descartes (1596-1650) e ripreso da Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1715) e Christiaan Huygens (1629-1695). Quella sul sistema di Newton non fu l’unica disputa del periodo iniziale della scienza moderna (basta ricordare quella, di poco più antica, sulla circolazione del sangue), essa ha però importanza anche sul piano politico.

Sul piano strettamente scientifico la disputa si concluse con l’affermazione del punto di vista newtoniano in tutta la comunità dei filosofi naturali. Il ‘sistema’ newtoniano rimase dominante fino ai primi del xx secolo, con qualche eccezione ottocentesca. Tra i programmi di ricerca determinati dai sostenitori del sistema newtoniano vale la pena di ricordare quello della misura del meridiano terrestre. Per ottenere questo importante dato l’Académie des Sciences organizzò due spedizioni, una in Lapponia, l’altra in Perù, con il compito di misurare la distanza sottesa, sulla superficie terrestre, da un angolo di un grado di latitudine. Da queste misure sarebbe stato possibile ricavare la lunghezza del meridiano e decidere se la misura fosse conforme alla predizione newtoniana o a quella di Descartes[11]. La spedizione in Lapponia, del 1736, fu guidata da Pierre-Louis Moreau de Maupertuis (1698-1759) e confermò la teoria della gravitazione di Newton[12].

Dal punto di vista politico l’importanza della disputa, e la conseguente diffusione del paradigma newtoniano, è duplice. Nella comunità dei filosofi naturali determinò la stabilizzazione di un sistema di pensiero i cui fondamenti non furono rimessi in discussione per più di un secolo e mezzo, essa determinò anche il successo di un nuovo gruppo di influenza il quale, soprattutto in Francia, sostituì quello legato alle teorie di Descartes. Ma il contenuto politico più profondo della disputa sul newtonianesimo non si esaurisce nello sforzo di diffusione di un sistema di pensiero scientifico di grande efficacia – indispensabile e ricco di potenzialità ancora oggi – né nelle ambizioni di un gruppo di filosofi geniali e innovatori, e nemmeno nelle relazioni degli elementi di questo gruppo con associazioni segrete come la Massoneria. I principali sostenitori, nel Continente, delle idee ‘inglesi’ furono infatti i filosofi illuministi, i quali formarono l’élite degli oppositori all’ancien régime. Questi elaborarono con l’Encyclopédie un progetto di partizione del sapere e di tutte le funzioni produttive di una società fondata sui principi della ‘ragione’. Un progetto che riprende consapevolmente quello di Francis Bacon, e sul cui significato politico dovremo tornare.

Durante l’età delle Accademie furono sviluppati anche altri programmi di ricerca, stabiliti dagli accademici o direttamente dal Sovrano. Questi venivano proposti mediante premi banditi dalle accademie, ed alcuni di essi sono rimasti famosi perché condussero ad importanti risultati. Molti programmi riguardavano lo sviluppo del sistema newtoniano in relazione a problemi di meccanica, ma altri erano legati a problemi strettamente tecnici[13].

Va aggiunto che, prima della Rivoluzione Francese, l’azione combinata delle esigenze poste dalla rivoluzione industriale – negli ultimi quarant’anni del xviii secolo – e dalle politiche di potenza degli stati dell’Europa settentrionale, fu il motore di uno sviluppo generale della società. Si rendevano infatti necessarie conoscenze di base e tecnici per lo sfruttamento delle risorse minerarie, per il potenziamento della produzione industriale, per la navigazione, per le tecniche militari ecc. Vi fu, in conseguenza di questa spinta, un grande sviluppo di altre scienze, oltre quelle più tradizionali, i cui principi vennero inquadrati nel sistema newtoniano. Questo sviluppo fu solo in parte guidato dalla comunità dei filosofi naturali. A parte la medicina, ancora influenzata dalla sua tradizione millenaria, si affermarono l’ingegneria, la chimica, la geologia, la geografia, l’etnologia, la biologia ed altre scienze, ma non vi è sistematicità in questi sviluppi, nell’età delle Accademie. La sistematicità, o meglio l’inquadramento in una vera partizione del sapere, fu progettato dagli illuministi e codificato nell’Encyclopédie. La realizzazione avverrà solo nel contesto dello Stato Nazionale post-rivoluzionario, non solo in Francia, ma sarà una realizzazione solo parzialmente conforme al progetto illuminista.

Nell’età delle Accademie la comunità dei filosofi fu internazionale, come lo era stata la comunità ecclesiastica medievale, ma le gerarchie e la divisione del lavoro al suo interno non eguagliarono neanche lontanamente quelle che erano state caratteristiche dell’organizzazione dei chierici, non esistendo un centro politico di riferimento paragonabile all’autorità del Papa. Il sistema delle accademie si diffuse tuttavia in tutti gli stati d’Europa, e formò una infrastruttura in cui i filosofi naturali si muovevano liberamente, trovandovi la propria collocazione e lo spazio per la propria carriera indipendentemente dalla nazionalità di provenienza. Dobbiamo a questo carattere sovranazionale della comunità dei filosofi, la facilità con cui il sistema newtoniano si diffuse al di fuori dell’Inghilterra assieme ai principi liberali che formarono il programma degli illuministi francesi.

Per completare il quadro delle principali accademie europee vale la pena di segnalare le vicende della fondazione della Preußische Akademie der Wissenschaften, l’Accademia Prussiana delle Scienze, e dell’Accademia Russa delle Scienze. È da notare che fu il carattere sovranazionale della comunità dei filosofi a favorire la nascita di queste due istituzioni. L’Accademia Prussiana fu fondata da Federico Guglielmo I, Re di Prussia, nel 1700. Il progetto di un’accademia tedesca era stato elaborato a lungo da Leibniz, e fu questi a sottoporre a Federico Guglielmo la richiesta, cogliendo l’occasione dell’adozione del calendario cattolico, decisa dalle comunità riformate della Germania nel 1699. L’Accademia Prussiana ebbe sede a Berlino, e nello statuto vennero stabilite le discipline che dovevano essere rappresentate. Per volontà di Federico Guglielmo si decise di rappresentare anche la lingua tedesca. Nel corso del xviii secolo, durante il regno del successore di Federico Guglielmo, Federico II, l’Accademia accolse lo svizzero Leonhard Euler (1707-1783), e il Re invitò molti filosofi francesi, tra cui Maupertuis, e fu in corrispondenza diretta con altri, come Jean le Rond d’Alembert (1717-1783)[14].

L’Accademia Russa delle Scienze fu fondata dallo Zar Pietro il Grande nel 1725, lo stesso anno della sua morte. Nei progetti dello Zar, l’Accademia doveva non solo condurre ricerche, ma provvedere anche all’insegnamento. Ebbe la sua sede a S. Pietroburgo, e comprendeva anche l’università. La struttura fu sostenuta e rafforzata durante il regno della Zarina Caterina ii. Ancora il carattere sovranazionale dell’età delle Accademie facilitò la realizzazione della struttura: lo Zar fu in corrispondenza con Leibniz, che negli ultimi anni della sua vita fu un progettista di Accademie (progettò, oltre a quella di Prussia, anche quella della Sassonia e quella d’Austria). Inoltre furono membri dell’Accademia Russa Daniel Bernoulli (1700-1782), di origine svizzera, ed Euler, anch’esso svizzero.

 

Per riassumere questo breve percorso ricordiamo che l’età delle Accademie, considerata nel complesso, è il periodo di formazione della scienza moderna in quanto infrastruttura del Potere. Al principio del xvii secolo vi sono in Europa tre gruppi che svolgono un ruolo importante in quella che è ancora la filosofia naturale, e dalla cui azione avrà origine questa infrastruttura.

Il primo gruppo è quello dei filosofi che, radunati in circoli più o meno ristretti, cercano un Patron che ne sostenga l’attività, senza dover seguire la via tradizionale delle università, od appoggiandosi solo parzialmente a questa infrastruttura medievale condizionata dal Potere della Chiesa.

Il secondo gruppo è quello che anima questa infrastruttura, guidato dalla Chiesa di Roma. Questo gruppo ha subito le conseguenze della Riforma e delle guerre di religione. In esso i Gesuiti svolgono un ruolo fondamentale di sostegno alla Controriforma, attraverso un sistema di collegi distribuiti in tutta l’Europa cattolica[15].

Il terzo gruppo è formato dai mecenati. Sono elementi della nobiltà feudale o della borghesia mercantile, interessati alle indagini sui fenomeni naturali e disposti a sostenerle con le proprie risorse, in modo diretto. Questo gruppo è l’interlocutore laico dei filosofi del primo gruppo. Anche il Sovrano può essere considerato un mecenate, ma il suo ‘status’ è diverso: in quanto detentore e rappresentante del Potere, solo questo mecenate – a parte la Chiesa – è in grado di trasformare il semplice rapporto di sostegno materiale in una istituzione dello Stato.

Questa istituzione fu effettivamente creata, durante l’età delle Accademie, e selezionò un gruppo di filosofi e un corpo di conoscenze nuove intorno alle teorie newtoniane. Essa tuttavia non venne impegnata nell’istruzione, e nemmeno la ricerca fu inquadrata in strutture istituzionali. Questo ulteriore impegno si avrà solo con il nuovo tipo di Stato Nazionale, conseguenza della Rivoluzione Francese e del periodo napoleonico.

 

SETTEMBRE 2013

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[1] Per ciò che concerne l’origine della scienza moderna faccio riferimento principalmente al testo di A. Rupert Hall, La rivoluzione nella Scienza, 1500-1750, Feltrinelli, Milano 1986. L’Autore elenca una serie di cause della rivoluzione, e approda alla conclusione che vi è una molteplicità di cause. Egli tuttavia non pone alcun particolare accento al riconoscimento ufficiale della scienza da parte dei vari sovrani, avvenuto complessivamente nella seconda metà del xvii secolo.

[2] L’espressione si trova in Alexandre Koyré, Studi newtoniani, Einaudi, Torino 1972.

[3] Crf. nota 2 dell’introduzione nella parte I, sul precedente numero della rivista.

[4] L’espressione è dedotta dal testo di Paul Kennedy, Ascesa e declino delle grandi potenze, Garzanti, Milano 2001.

[5] Per le informazioni sulle vicende storiche delle accademie europee faccio riferimento a Rupert Hall, cit., e M. Ornstein, The rôle of scientific societies in the seventeenth century, The University of Chicago Press, Chicago 1928.

[6] Nel 1847 venne fondata la Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, ispirata all’Accademia di Cesi. Nel 1870 venne invece fondata l’Accademia Nazionale Italiana, anch’essa ispirata all’Accademia dei Lincei. Non vi è continuità tra le due accademie ottocentesche e quella seicentesca, e vale la pena notare come questo sdoppiamento rifletta le istanze presenti nell’originaria Accademia dei Lincei: tra un patrocinio da parte della Chiesa che non fu mai accordato, ma certamente auspicato, ed il carattere essenzialmente laico che animava i programmi di ricerca dei Lincei.

[7] Ornstein, cit.

[8] Il riconoscimento che tra la ricostruzione razionale dei fenomeni naturali e l’interpretazione che di questi dava la Scolastica esiste una contraddizione insanabile, può dar luogo al materialismo o al deismo. Questa contraddizione può tuttavia, assieme al rispetto per la religione positiva e alla fede cristiana, trovare soluzione anche nel contesto del cristianesimo riformato, più adatto al confronto diretto con le Scritture.

[9] È interessante notare che era il Gresham College ad aver stabilito quali fossero le discipline da insegnare (originariamente Teologia, Musica, Astronomia, Geometria). Vediamo dunque, in questo esempio concreto, che l’abbozzo di partizione disciplinare contenuto nella lista delle cattedre è determinato dal Patron, ed è una delle condizioni per l’esistenza stessa della struttura. Oggi, a distanza di più di quattrocento anni, le lezioni del Gresham sono conferenze divulgative centrate sugli argomenti più di moda. Per farsene un’idea è sufficiente visitare il sito ufficiale del College.

[10] P. Kennedy, cit.

[11] La cosmologia di Descartes ipotizzava che ogni corpo celeste fosse il centro di un vortice formato dalla materia ‘sottile’ che riempie interamente il cosmo. Il moto di questi vortici spiegava tra l’altro la gravità e il principio di relatività che Galilei aveva formulato nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del Mondo per risolvere il problema del moto della Terra. Se la Terra fosse effettivamente il nucleo centrale di un vortice, essa risulterebbe non esattamente sferica, ma leggermente allungata ai poli, a causa del movimento della materia sottile. La teoria di Descartes era però qualitativa, e lasciava molti problemi aperti. Per contro, la teoria di Newton era basata sulla formulazione quantitativa della legge dell’attrazione. Essa stabiliva che la gravitazione è il risultato della forza impressa sui corpi da altri corpi, piuttosto che della spinta esercitata da un mezzo in movimento. La Terra, nel suo moto di rotazione, imprime però su ogni sua parte, secondo la dinamica newtoniana, anche una forza centrifuga, la quale controbilanciando in parte l’attrazione, provoca, contrariamente alla teoria di Descartes, uno schiacciamento ai poli. Misure accurate della lunghezza del meridiano possono stabilire quale delle due predizioni è verificata.

[12] Anche i risultati della spedizione peruviana, e quelli di ulteriori misurazioni effettuate a Parigi, andarono nella stessa direzione, cosicché nei primi anni ’40 del xviii secolo i filosofi ebbero a disposizione una prova molto forte a favore del sistema newtoniano. Vale la pena di notare che, nel suo carattere spettacolare, e nella fama che diede al suo ideatore e protagonista, Maupertuis, la spedizione per la misura del meridiano terrestre sembra anticipare gli effetti mediatici prodotti dalla spedizione organizzata dalla Royal Society e guidata da Eddington nel 1919, per la verifica della deflessione dei raggi di luce solare da parte del campo gravitazionale del Sole, che contribuì a sostituire la teoria di Newton con quella di Albert Einstein.

[13] Per esempio, Euler vinse il secondo posto in un concorso bandito dall’Académie des Sciences nel 1727 sul problema della migliore disposizione degli alberi su una nave.

[14] Jean Le Rond d’Alembert (1717-1783) fu matematico e filosofo illuminista. Fece parte del gruppo dei recensori dell’Encyclopédie assieme a Diderot e al Barone d’Holbach. Oltre ad essere corrispondente di Federico ii, ricevette l’invito a far parte dell’Accademia Russa dalla Zarina Caterina ii.

[15] Per citare un esempio diverso dal Collegio Romano basta ricordare che René Descartes si era formato al collegio dei Gesuiti di La Flèche.