13
Maggio 2014

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PER UN'ANALISI DELLA RIVOLUZIONE DIGITALE

Guido Cosenza

 

Allorché in un contesto sociale maturo si esaurisce la spinta innovativa e le strutture presenti divengono inadeguate al grado di sviluppo raggiunto affiorano segni premonitori di un ordine sociale ribaltato in grado di valorizzare il patrimonio di idee e di conoscenze acquisito.

 

Le opere realizzate, impossibilitate a manifestare appieno le proprie potenzialità in un contesto inadeguato, sono candidati idonei a rappresentare in un differente habitat sociale l’elemento propulsivo verso nuove e sostenibili forme di convivenza e a costituire una piattaforma adeguata alla ricomposizione dei tasselli scomposti che in origine alimentano uno sviluppo patologico.

 

L’inquadramento dell’indagine sulle tecnologie digitali in una rinnovata configurazione postindustriale è suscettibile di aprire scenari inusitati e nuove prospettive sul futuro della comunità umana.

 

La linea di sviluppo attuale vede un impegno impetuoso pressoché esclusivo sul fronte delle innovazioni relative alla digitalizzazione. Avventurarsi nello studio delle prospettive che si aprono oltre che affascinante è di grande importanza.

 

In proposito sono indicative le ricerche sulla produttività del lavoro (prodotto realizzato per unità di ore lavorate). In tale ambito si è potuto rilevare che esiste un trend in continua ascesa con vari episodi di crescita accentuata. Il primo legato allo sfruttamento dei motori a vapore, il secondo verificatosi all’epoca della sostituzione del vapore con l’energia elettrica, un terzo balzo apparso in seguito all’adozione del motore a combustione interna, infine negli anni settanta fu determinante la diffusione dei computer. Al presente è la rivoluzione digitale a sostenere l’inflessione della curva rappresentativa della produttività del lavoro, anche se la spinta esercitata non ha ancora raggiunto il suo acme.

 

Lo stadio più avanzato di sviluppo tecnologico nel settore digitale sia in fase di elaborazione che di realizzazione ha sede principalmente negli usa; la spinta propulsiva prevalente è di origine militare, laddove esiste la maggior disponibilità di risorse da destinare a promuovere politiche espansive e di difesa.

In una fase successiva le innovazioni si sono riversate, come è sempre avvenuto, nel settore produttivo civile e hanno alimentato a dismisura i consumi.

 

Per affrontare compiutamente l’analisi della attuale congiuntura occorre iniziare dal prendere visione del quadro globale della complessa architettura tecnologica in corso di realizzazione e porre l’attenzione sulle ricadute in ambito economico e sociale in relazione alle prospettive che si aprono e ai prevedibili sviluppi.

 

La digitalizzazione sta procedendo molto rapidamente in varie direzioni complementari:

 

1.    L’automazione in ambito produttivo e civile.

2.    Il perfezionamento nei mezzi di elaborazione dei dati e dei congegni di calcolo.

3.    Lo sviluppo impetuoso dei sistemi di comunicazione.

 

Il corso degli eventi si inquadra nella cornice di un immenso network che copre l’intero pianeta.

 

Analizziamo il ciclo produttivo. Il processo di sostituzione di attività lavorativa con dispositivi che non necessitano di intervento umano è andato estendendosi rapidamente rendendo autonomi dalla presenza di operazioni manuali procedimenti produttivi sempre più numerosi. All’inizio i robot che eseguivano una parte del lavoro operaio avevano bisogno di una cospicua assistenza umana, ad esempio in relazione all’alimentazione in entrata delle macchine. Le operazioni di prelievo e inserimento del materiale grezzo nel ciclo produttivo risultavano estremamente ardue da meccanizzare ed anzi era stato pronosticato che mai si sarebbe stati in grado di automatizzarle integralmente. Viceversa gli sviluppi nella confezione delle componenti digitali e nella elaborazione del software hanno permesso di procedere a un ulteriore progresso anche in relazione alla sostituzione del lavoro umano nel settore manifatturiero.

 

Il fenomeno presenta delle rilevanti implicazioni per l’attuale organizzazione industriale. La robotizzazione spinta è imposta dai meccanismi di mercato, è parte integrante del processo di valorizzazione del capitale: chi per primo introduce l’innovazione trae grandi benefici a corto range. Tuttavia nel lungo periodo si produce una caduta del saggio di profitto e un contestuale aumento della disoccupazione, trend solo in parte attenuato dalla proliferazione dei settori produttivi, in particolare a bassa composizione organica del capitale. Si manifesta una contraddizione grave che mette in crisi il sistema.

 

I progressi realizzati rendono attuale il tema del rovesciamento delle odierne linee di sviluppo, prefigurano la soppressione delle logiche di mercato come conclusione del processo di progressiva diminuzione del rendimento dei capitali nel settore manifatturiero e di contrazione della base occupazionale; preannunciano la realizzazione di un assetto sociale non più basato sul lavoro, cioè liberato dalla condanna che ha funestato l’umanità nell’ultima decina di millenni.

 

Molte sono le trasformazioni suscettibili di aver luogo a seguito dell’introduzione delle tecnologie digitali, è illuminante indicarne una, sia perché è centrale per lo sviluppo della città, che poi è il tema dominante della rivista, sia perché è indicativo del fenomeno abbastanza generale di come l’innovazione agisca in controtendenza per l’attuale organizzazione sociale e funga da anticipatrice di un ordinamento nuovo in cui vengano soppresse le disfunzioni odierne. Il riferimento è alla grave patologia da soffocamento subita dai centri urbani a causa del traffico – proliferazione degli automezzi privati.

 

È centrale l’osservazione che il progresso nei sistemi di guida automatica e di mappatura del territorio, sottoprodotto della realizzazione dei droni, ha portato alla progettazione di autovetture equipaggiate di guida automatica. Attualmente in California è operante un parco macchine abbastanza consistente a guida autonoma, ben oltre la fase sperimentale. I tecnici del settore prevedono che nel giro di qualche decennio saranno superati gli ultimi problemi tecnici secondari e si potrà circolare senza guida umana nei centri abitati.

 

Basandosi su tale assunto è realistico congetturare la fattibilità di un piano che contempli la scomparsa dell’auto privata in zone urbanizzate e la presenza di un adeguato numero di centri di smistamento di veicoli coordinati da un opportuno sistema di distribuzione; si valuta che per soddisfare le prevedibili esigenze dei cittadini sarebbe sufficiente un quinto dell’attuale parco di automezzi circolanti (il piano è dovuto a ricercatori del Massachusetts Institute of Technology). Potrebbe venir implementato un complesso di autorimesse in parallelo a una efficiente rete di mezzi pubblici collettivi di trasporto. L’utente chiama il centro assistenza, questi invia un mezzo per prelevarlo e accompagnarlo a destinazione. Il traffico verrebbe automaticamente regolato al meglio e scomparirebbero tutti i parcheggi stradali. Soluzione ideale per uno dei maggiori problemi della città capitalista. Andrebbe però valutato se nell’attuale regime di mercato il progetto prospettato dai tecnocrati del digitale sia realizzabile. Parrebbe proprio di no, in quanto la conseguente ristrutturazione metterebbe in crisi uno dei più rilevanti settori produttivi. Per altro verso il sovvertimento che verrebbe introdotto nell’ordito sociale della città sarebbe uno di quegli elementi costitutivi del nuovo che prorompe nel tessuto obsoleto e che vale a promuoverne la rigenerazione.

 

Il piano sarebbe perfettamente congruo alla trasformazione della città in una struttura sociale in cui le scelte non fossero più pilotate dalla massimizzazione del profitto.

Vale l’osservazione che in molte città dell’Europa avanzata, ad esempio in Germania, in Svezia, in Svizzera, la notevole attenuazione dell’uso delle auto private a favore di un efficiente sistema di mezzi pubblici è già in atto. Ciò è l’indice che quelle società sono in movimento verso un modello in cui è predominante l’interesse pubblico e non il profitto privato.

 

Ci siamo soffermati su questo esempio, senza con questo voler venir meno alla generalità del fenomeno, in quanto l’episodio è indicativo di come lo sviluppo delle forze produttive possa radicalizzare le contraddizioni dell’attuale società e nel contempo prefigurare un diverso ordinamento sociale.

 

Un aspetto rilevante della progressiva espansione della presenza di tecnologia digitale nei dispositivi d’uso quotidiano concerne il forte impatto esercitato sui rapporti sociali, testimonianza di come i congegni ideati possano per un verso essere di nocumento e per un altro in diverso contesto dar vita a un balzo in avanti. Vediamone i tratti principali.

 

Lo sviluppo delle fonti di informazione e della disponibilità di comunicazioni rapide, usufruibili in modalità drasticamente semplificata, rappresenta un elemento potenzialmente propulsivo per lo sviluppo sociale della comunità umana, ma l’uso/disuso odierno ne oscura e smorza le potenzialità.

 

L’avere accesso a uno smisurato bacino di informazioni rappresenta uno strumento in grado di promuovere analisi e consapevolezza degli eventi in corso nella realtà fisica e sociale presente e pregressa. Il disporre di una rete di comunicazioni enormemente sviluppata incentiva contatti e relazioni arricchendo e vivificando la vita della società. Tuttavia il fenomeno si accompagna a una serie di fattori che rappresentano elementi di grave preoccupazione a causa del corso involutivo che tali caratteri hanno subito nell’odierno tessuto di relazioni dominato da logiche di mercato.

 

L’eccesso di messaggi di ogni tipo in transito sulla rete delle comunicazioni porta a saturazione la capacità di ricezione, limitando la disposizione alla concentrazione indispensabile per svolgere riflessioni in profondità e inducendo alla superficialità nello svolgimento di ricerche e analisi.

 

Sono state condotte numerose indagini con metodi rigorosamente scientifici sugli effetti che l’uso delle tecnologie informatiche determinano in un Habitat regolato dal precetto di valorizzazione del capitale. La messe di ricerche e dati in tale ambito è vasta e ha condotto i ricercatori del settore a ben fondate conclusioni, ne evidenziamo alcune rilevanti:

 

 

Si desume che le tecnologie digitali pur rappresentando uno strumento tecnologicamente avanzato le cui potenzialità sono molto estese risultano mal operanti in un ambito che ne altera le funzionalità.

 

Il discorso sulle anomalie e disfunzioni del sistema non si ferma qui. Le innovazioni digitali hanno indubbiamente prodotto un ampio potenziamento delle capacità produttive a livello globale, tuttavia vanno segnalati, oltre quelli già discussi, ulteriori elementi critici che alimentano gravi distorsioni incompatibili con una armonica convivenza sociale. È opportuno indicare le più significative anomalie facendo riferimento agli usa, il paese in cui è stata maggiormente promossa l’introduzione di nuove tecnologie:

 

 

I dati riportati testimoniano il trend preoccupante di un progressivo incremento della ricchezza in presenza di un aumento della povertà e dell’accrescimento delle disuguaglianze. La scuola del mit tende ad ascrivere l’acuirsi di tale fenomeno alla introduzione di tecnologie di nuova generazione. L’asserzione è suffragata anche dal dato che pur essendo l’aumento della produttività, cioè l’incremento della ricchezza accumulata, un fenomeno registrato durante l’intero periodo dello sviluppo industriale tuttavia la divaricazione nella distribuzione del prodotto sociale si acuisce all’epoca  dell’innesto nell’apparato produttivo delle tecnologie digitali, gli economisti di quell’indirizzo riportano specifici dati convincenti.

 

Un ruolo preminente attualmente affidato alle tecnologie di cui stiamo analizzando le funzioni è l’espletamento del controllo. La strumentazione correntemente accessibile e ancor più quelle che saranno disponibili nell’immediato futuro consentono un monitoraggio dettagliato delle comunicazioni che intercorrono fra gli individui dell’intero globo e sono in corso di avanzata messa a punto congegni in grado di rivelare ove necessario anche comunicazioni verbali (progressi nell’intercettazione ambientale). Già oggi sono cablati gli spostamenti sul territorio.

 

Ne emerge un uso sistematico della tecnologia perfezionata in questi anni rivolto alla repressione, alla perpetuazione di un sistema dimostratosi sempre più inadeguato.

 

In breve se da un lato le nuove tecnologie hanno permesso di ottenere progressi notevolissimi nella conoscenza e nel controllo della natura nonché nella vita civile, basta solo riferirsi alla potenza di calcolo attualmente raggiunta e alla immane estensione raggiunta dalla rete delle comunicazioni, per altro verso la funzione svolta si configura come un formidabile mezzo di coercizione.

 

Si torna a constatare che le potenzialità offerte al cittadino dall’ampio corredo innovativo dei ritrovati tecnologici sono parzialmente devitalizzate, snaturate dalla subordinazione alle esigenze dell’economia di mercato.

 

Il quadro delle patologie insite nell’attuale modello di sviluppo è più ampio degli elementi che abbiamo fin qui presentato in relazione all’analisi che ci siamo proposti di affrontare. È presente una fenomenologia che rientra sotto l’ampia categoria denominata globalizzazione origine di ricadute altrettanto perniciose di quelle che abbiamo appena discusso, a esse contribuisce l’operante spinta tecnologica esaminata precedentemente, la loro presenza è generalmente nota e dibattuta. Per completezza ne richiamiamo alcuni caratteri significativi senza addentrarci nella loro disamina che ci allontanerebbe dalla linea concettuale che stiamo perseguendo:

 

Al di la dei rilievi critici che abbiamo discusso si incontrano degli aspetti più generali che investono i fondamenti su cui è basato l’attuale assetto economico e sociale, si percepisce la defaillance di alcuni dei caratteri peculiari della gestione del presente modello si sviluppo.

Il tema concerne questioni cruciali.

 

La digitalizzazione genera il fenomeno della de-materializzazione di prodotti oggetto di scambio e ha come immediato effetto la perdita del carattere di merce che regola le operazioni di acquisizione e cessione di beni. La conseguenza capitale è che nei rapporti di scambio di un’ampia categoria di prodotti interviene solo la loro proprietà di avere un valore d’uso, mentre scompare l’attributo di valore associato all’oggetto come fu determinato dalla immersione nella società mercantile e ora in quella industriale.

 

Naturalmente il processo al momento non si attua in via generalizzata, ma solo per alcuni prodotti e servizi. Possiamo citarne alcuni per esemplificazione: musica, immagini, film, documenti, pratiche burocratiche, comunicazioni telefoniche, ecc... In futuro potranno anche circolare in rete oggetti materiali, già sono operanti nel ciclo produttivo stampanti tridimensionali e nulla vieta che possano essere messe in rete: si acquisisce in via telematica il programma, il segnale arriva all’utente che ha a disposizione un apparato alimentato da materiali opportuni e l’oggetto desiderato viene composto fase dopo fase. In pratica è perfettamente configurabile la de-materializzazione dello scambio per una parte degli oggetti in uso nella comunità.

 

Abbiamo descritto la metamorfosi delle merci in atto. Osserviamo che analogo processo avviene per il lavoro, anch’esso merce nella attuale società.

 

Il lavoro eseguito dalla ampia schiera di utenti che contribuiscono ad arricchire volontariamente il patrimonio informativo immagazzinato in rete non è remunerato, esso rappresenta un apporto al lavoro socialmente utile che sfugge alla contabilizzazione sulla base della grandezza sociale “valore” in auge nella società capitalista. È un apporto rilevante, su cui si è anche determinata una stima, ad esempio il solo contributo di un anno a facebook equivale a dieci volte le ore-persona che furono impiegate nella costruzione del canale di Panama. Tale evento rappresenta un ulteriore segnale dell’emergere di una diversa connotazione economico-sociale di capisaldi della società industriale.

 

Vorrei ribadire che le argomentazioni sviluppate non sono pure divagazioni fantasiose ma questioni ampiamente dibattute – esiste una scuola di pensiero economico (Stiglitz et al.) che sostiene che il pil (negli usa "gdp", cioè Gross Domestic Product) è mal valutato in quanto non contiene i dati che ho discusso in precedenza.

 

Da quanto premesso si deduce che la complessa tecnologia di cui stiamo argomentando benché abbia prodotto disfunzioni e aggravato ingiustizie potrebbe rivelarsi funzionale a una società nuova in cui la nozione di merce perda di senso dando vita alla congettura della scomparsa delle patologie presenti nell’attuale assetto sociale.

 

Al presente le innovazioni tecnologiche sono indirizzate prioritariamente a contrastare la pressione originata dalle forze evocate in una comunità in evoluzione non più disposta a subire enormi sproporzioni di status sociale ed economico, decisa a non essere funestata dalla presenza di sacche dilaganti di indigenza, dal saccheggio di risorse naturali e dal grave deterioramento dell’ecosistema. È di estrema importanza valutare come potrebbe svilupparsi la vocazione a realizzare, regolare ed elaborare la rete di connessioni instaurabili a livello sociale in una economia svincolata dalla costrizione del mercato e da attività repressive.

 

Storicamente è stato attuato un tentativo per armonizzare i rapporti sociali senza affidare la regolazione dell’equilibrio al libero dispiegarsi delle forze in gioco, bensì stabilendo rapporti e distribuendo risorse attraverso un razionale calcolo affidato a un apparato amministrativo.

 

Mi riferisco al regime centralizzato istituito in urss a seguito della rivoluzione d’ottobre. Esisteva in quel paese un mastodontico complesso burocratico detentore della gestione complessiva della programmazione economica, della distribuzione delle mansioni, del reperimento e della successiva erogazione delle materie prime per alimentare l’apparato produttivo, della ripartizione del prodotto sociale, e così via.

 

Fra le svariate cause della dissoluzione di quel regime c’è anche la circostanza che quel sistema di regolazione dei rapporti si dimostrò largamente inefficiente a confronto con i meccanismi di mercato operanti in Occidente.

 

Ed ecco il punto, esiste ora una tecnologia particolarmente idonea a gestire il complesso delle esigenze, delle interazioni e quant’altro interviene nella articolata struttura di una società avanzata che ha abbondantemente costruito la sua base industriale ed è in condizione di affrontare la fase successiva – postindustriale – del suo sviluppo. Una fase che non dovrebbe più essere dominata dal mercato e in cui le relazioni e le esigenze potrebbero essere armonizzate da scelte codificate in software appropriati.

 

In altri termini la digitalizzazione e in generale il vasto corredo delle tecnologie acquisite nel corso della costruzione dell’attuale ampia base industriale sono strumenti idonei a un nuovo ordine sociale nato dalle spoglie del mondo capitalista, rappresentano il meccanismo per governare l’organismo economico e sociale in assenza di mercato in un regime in cui gli oggetti abbiano un prevalente valore d’uso e lo scambio non venga più regolato dall’ammontare di lavoro contenuto negli articoli generati dal processo produttivo. Un ordinamento sociale originatosi dal ribaltamento del ruolo di coartazione e repressione assunto dalla strumentazione vigente nell’attuale contesto posta a salvaguardia di un assetto divenuto il maggior nemico di un armonico sviluppo sociale.

 

APRILE 2014

 


[1] Si veda, in questo stesso numero, S. Marfella Her di Spike Jonze: internet tra simulacri della realtà e singolarità tecnologica [n.d.r.].