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L'EMERGENZA RIFIUTI IN MENO DI 2.000 PAROLE

Massimo Ammendola

 

Il concetto di emergenza si riferisce a qualcosa di temporalmente ridotto.

Un'emergenza può nascere da un fenomeno naturale, come un terremoto, che può durare pochi secondi, eppure avere conseguenze devastanti.

L'emergenza rifiuti della Campania dura invece da 16 anni, e non è un fenomeno naturale, ma assolutamente antropico, provocato da esseri umani. Naomi Klein lo citerebbe come un caso lampante di Shock Economy, ovvero di creazione (e prolungamento) di un'emergenza al fine di ricavarne profitti.

Tutto inizia nel 1994, quando viene nominato per la prima volta un Commissario del Governo, con poteri straordinari, al fine di risolvere le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti urbani. Il problema principale, e mai risolto, era l'infiltrazione dei clan camorristici nella gestione delle discariche e nella raccolta e nel trasporto dei rifiuti.

Da allora, in 17 anni, non è stato fatto nulla per risolvere il problema rifiuti, sono state solo tamponate le prevedibili emergenze. E i rifiuti non dovrebbero essere un problema, ma una risorsa: se differenziati e riciclati, infatti, potrebbero diventare di nuovo materia utilizzabile dalle industrie. Recuperando correttamente carta, vetro, plastica, alluminio e umido (gli scarti di cibo, che possono essere trasformati in concime), si riesce a riciclare quasi l'80-90% dei rifiuti. Un esempio? San Francisco. Con la riduzione a monte dei rifiuti, eliminando l’usa e getta e gli imballaggi inutili e vietando, man mano, l’utilizzo da parte delle industrie, dei materiali non riciclabili, attraverso una riprogettazione industriale di scarti e imballaggi: così puntano, entro il 2020, all’obiettivo Rifiuti Zero (Zero Waste). Inoltre esistono tecnologie che permettono di recuperare anche la frazione residua, quel 20% che non è riciclabile, trasformandolo in una sabbia sintetica, come succede nell'impianto di Vedelago[1] o nell'impianto Revet di Pontedera, che utilizzano queste sabbie plastiche per produrre mattoni, oggetti da giardino, componenti per motorini, mp3, e a breve anche articoli casalinghi. I Rifiuti Zero sono possibili, anche in Italia.

Cosa è accaduto invece in Campania?

Un piano criminale è stato costruito per prolungare l'emergenza, dato che emergenza significa denaro, tanto denaro.

Una multinazionale italiana, Impregilo, vince, nel 2000, la gara d'appalto per gestire i rifiuti campani, perché offre un prezzo per lo smaltimento dei rifiuti decisamente basso e tempi più rapidi per la consegna, mentre la qualità del progetto presentato è decisamente scadente rispetto a quello presentato dall'altra concorrente (voto: 4/10). Il progetto prevede la costruzione di due inceneritori, 7 impianti per la trasformazione dei rifiuti in ecoballe (combustibile degli inceneritori), nonché varie discariche per tamponare l'emergenza. Altro che Zero Waste!

Il rifiuto è un bene, è una merce, ed ha quindi un valore economico, è denaro. Brucereste mai denaro? In un’epoca in cui la quantità di materie prime che prendiamo alla Terra aumenta  perennemente, possiamo permetterci di bruciare o buttare via tonnellate e tonnellate di plastica o di carta?

Inoltre gli inceneritori sono altamente inquinanti: «Gli inceneritori uccidono», così come sostiene Paul Connet, professore emerito di chimica alla St Lawrence University di Canton, New York; «Negli Stati Uniti, dal 1985 al 1995, è stata bloccata la costruzione di circa 300 inceneritori». Connet li ha definiti «un vero crimine ambientale»: immettono nell'atmosfera e nella catena alimentare grandi quantità di inquinanti tossici (diossine, PCB, furani, metalli pesanti, nanoparticelle di particolato fine ed ultrafine). E producono 1/3 di ceneri tossiche, che vanno smaltite in discariche speciali. Centinaia di studi a livello internazionale hanno accertato i danni: uno dei più famosi e tremendi è stato redatto su 5000 bambini che abitano nei pressi dell'inceneritore di Osaka, in Giappone, con danni registrati che vanno dalle difficoltà di concentrazione ai tumori e alle malformazioni.

E allora perché si è puntato su un progetto del genere? Perché in Italia bruciare i rifiuti conviene. Le industrie che li costruiscono sono potenti, e vengono appoggiate dalla politica. Da molti anni, infatti, ricevono sussidi statali, un 7% preso dalle nostre bollette Enel, che dovrebbe essere destinato allo sviluppo delle energie rinnovabili, per bruciare i rifiuti, attività che non è per niente “rinnovabile”. Inoltre, guadagnano altri soldi vendendo l'energia prodotta bruciando i rifiuti: un'attività davvero lucrativa.

Così la raccolta differenziata dei rifiuti, destinati al riciclo, viene boicottata da anni. Perché più rifiuti finiscono nell'inceneritore, e più soldi si fanno, perché più energia si vende. E sono le industrie e le banche italiane che lo hanno deciso: queste ultime, tramite l'Abi, Associazione Bancaria Italiana, inviarono una lettera al Commissariato in cui affermavano che avrebbero garantito i prestiti alla Impregilo, se avessero avuto come garanzia le ecoballe, i rifiuti da bruciare. I rifiuti così diventarono davvero denaro.

Il piano è semplice: riciclare pochi rifiuti, bruciarne il più possibile.

Ma la situazione in Campania, è molto più complicata, proprio perché i progetti della multinazionale Impregilo, come detto in precedenza, sono molto scadenti. L'inceneritore viene quindi attivato, non completamente e con grosse difficoltà, solo nel 2010, e viene continuamente bloccato per gravi problemi tecnici. I 7 impianti previsti per trattare i rifiuti e trasformarli in ecoballe, combustibile per l'inceneritore, non hanno mai funzionato come dovevano: i rifiuti non vengono trattati e quindi inertizzati, resi non pericolosi, ma solo tritati e imballati. E non essendoci un inceneritore dove bruciarli per 10 anni, con gravissime conseguenze ambientali, vengono sistemati sul territorio campano, in quelle che sono diventate vere e proprie discariche: parliamo di più di 8 ML di tonnellate di ecoballe di rifiuti inquinanti che marciscono sul territorio.

Anche le discariche fatte in questi anni sono state costruite in maniera pessima: delle semplici buche, isolate malamente, che lasciano scivolare nel terreno e quindi nelle falde acquifere il liquido tossico che i rifiuti producono, il percolato.

Ed anche sulle discariche i clan hanno lucrato con la collusione del Commissariato di Governo, attraverso le compravendite dei terreni dove sono poi sorte le discariche: pochi giorni prima della scelta ufficiale di un sito, i clan acquistavano a poco prezzo i terreni, che venivano poi venduti allo Stato a prezzi molto maggiori.

Questa l'intricata vicenda che ha portato a 17 anni di emergenza, a milioni di euro spesi e alla devastazione ambientale, ha prodotto diverse inchieste giudiziarie che stanno coinvolgendo la Impregilo, i clan camorristici e i politici campani.

Un altro motivo per cui l'emergenza perdura, infine, è sicuramente la questione rifiuti tossici, che interessa le mafie e le industrie del Nord Italia: una situazione di emergenza, in cui c'è confusione e mancanza di controllo, conviene a tutti. E qual è una delle attività che si inserisce perfettamente in questo contesto? Lo sversamento dei rifiuti industriali, i rifiuti tossici, che le aziende del Nord Italia producono, ma non vogliono smaltire legalmente (costa parecchio, ed esistono impianti pronti a trattare non più del 60% dei rifiuti industriali, un 40% resterebbe comunque non trattabile): li affidano ai clan, che li sversano ovunque, li bruciano e li buttano nelle campagne, nelle cave, nei corsi d'acqua, specie al Sud Italia, specie tra le provincie di Napoli e Caserta.

E questi rifiuti tossici, sono stati spesso nascosti anche nelle discariche di rifiuti urbani. Le due emergenze, quella dei rifiuti urbani e quella dei rifiuti industriali-tossici, si mischiano, fino a confondersi.

E tutto ciò continua senza problemi, ogni giorno, ogni notte. Si distrugge un territorio, senza che nessuno dei responsabili paghi. Il riciclo dei rifiuti viene boicottato. Discariche e rifiuti tossici inquinano irrimediabilmente la terra, l'acqua e il cibo. E ogni anno, anno e mezzo, l'emergenza torna, distribuendo denaro a imprenditori, politici e clan.

Una prova del disastro? Ce la offrono gli Usa: il ritiro delle truppe americane dalla provincia di Caserta, al confine con la provincia di Napoli, per i pessimi risultati delle analisi ambientali, che hanno evidenziato la presenza di elevate percentuali di sostanze chimiche solventi nelle acque dei rubinetti domestici. L’ammiraglio Mark Fitzgerald, due anni fa, raccomandò al comando della Us Navy di non bere acqua del rubinetto...

E va sottolineato che la Campania era una regione a vocazione agricola, anche se ormai ha l'inquinamento di una regione industriale, ma senza aver avuto industrie, tranne pochi casi isolati.

Diossina nel sangue, arsenico nell'acqua. E poi cadmio, mercurio, piombo. Con i picchi nei comuni più vicini alle discariche e agli inceneritori. È quello che afferma un rapporto rimasto nascosto per mesi nei cassetti della Regione Campania, il Sebiorec, uno dei più imponenti studi epidemiologici con biomarcatori mai fatti in Italia. Sono stati trovati anche i pericolosi Pcb, policlorobifenili. 

E si parla espressamente anche di quella diossina chiamata “tipo Seveso”, la più pericolosa, e la si associa al consumo di mozzarella e verdure. Aggiungendo che nel quartiere di Pianura c'è più diossina che nel resto della regione.

La preoccupazione è alta per tutte le patologie indicate dagli scienziati: allergie, malattie respiratorie, danni agli organi. Quello che li spaventa maggiormente è l'aria, ma il timore è che l'intera catena alimentare sia compromessa.

Nel frattempo, siamo all'ennesima emergenza creata ad arte. Il presidente di Asia, l’Ing. Claudio Cicatiello, addirittura afferma che la mancata raccolta dei rifiuti di aprile non ha motivo, apparentemente: «L’emergenza di questi giorni non ha ragione d’esistere perché nelle altre province ci sta ampio spazio per smaltire tutti i rifiuti che oggi stanno a terra nella provincia di Napoli. Anche perché bisogna considerare una cosa: Napoli è messa male, ma tutta la provincia è in condizioni ben peggiori del capoluogo». Che sia un modo per esasperare i cittadini, al fine di aprire nuove discariche sui nostri già martoriati suoli? Il tutto sotto le imminenti elezioni amministrative, nello scaricabarile generale.

E quest'ennesima emergenza porta alla creazione di nuove soluzioni per succhiare soldi allo Stato: una delle ultime in voga è la spedizione dei rifiuti, semplicemente tritati, nelle altre regioni. Un'inchiesta dell'Espresso testimonia come siano state mandate circa 30.000 tonnellate di munnezza, ovvero i rifiuti prodotti a Napoli in un mese, in Sicilia, pagando oltre 6 milioni di euro, in una discarica privata. Con un semplice accordo tra privati, evitando il necessario accordo tra le regioni quando si devono trasportare rifiuti indifferenziati, considerando invece i rifiuti tritati (ma non biostabilizzati) come rifiuti speciali. Nella totale mancanza di trasparenza: alcuni dei rifiuti campani entrati in Sicilia hanno fatto perdere le loro tracce! Si aprono così nuove inchieste della magistratura. E l'emergenza continua.

 

MAGGIO 2011

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Da: http://www.rifiuticampania.org/rifiuticampania/articles/art_8020.html

 

LETTERA APERTA

Alla c.a. del Sindaco della città di Napoli,
e dei Comitati e Associazioni cittadine

Il Coordinamento Regionale Rifiuti - Campania (CO.RE.ri.), organizzazione che riunisce un gran numero di Comitati e Associazioni della regione che si occupano dei temi ambientali, in queste ore di enfasi collettiva intende richiamare la propria attenzione, quella della giunta e quella dei cittadini impegnati nella difesa dell'ambiente, del territorio e del paesaggio, su due questioni di fondamentale importanza per il bene pubblico: la gestione dei rifiuti e la partecipazione democratica dei cittadini alla vita amministrativa della città.

Il CO.RE.ri. sarà impegnato nelle prossime settimane in una campagna di sensibilizzazione per promuovere fra i cittadini il compostaggio domestico e quello condominiale.
La frazione umida dei rifiuti urbani rappresenta la vera emergenza e spesso supera il 40% del totale dei rifiuti. Se venisse incentivata una "filiera del compostaggio", partendo dai gesti responsabili dei singoli cittadini, quali appunto il compostaggio domestico e condominiale, si potrebbe incidere sensibilmente sull'intera gestione dei rifiuti. In tal senso si ribadisce la necessità di estendere, mediante ordinanza comunale, ai quartieri non ancora interessati dalla raccolta differenziata porta a porta, almeno una raccolta separata della frazione "umida" da quella "secca". Come CO.RE.ri. riteniamo infatti che la frazione "umida" debba essere completamente recuperata completando la "filiera del compostaggio" attraverso il conferimento in aziende agricole e impianti di compostaggio.

Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti nelle sue linee generali, ribadiamo quanto già sostenuto da anni presso le istituzioni locali, Nazionali e comunitarie: il problema centrale resta il superamento della logica di gestione dei rifiuti fondata sul modello di "Ciclo integrato", che ha come fine il recupero energetico dalla materia, optando piuttosto  per l'avvio di una filiera tesa al "recupero e riciclo totale della materia". Questo modello di gestione è l'unico in grado di evitare la costruzione di nuovi impianti di discariche ed inceneritori e consente di dismettere quelli esistenti.

Per quanto riguarda la seconda questione, come CO.RE.ri. intendiamo costituire una "commissione cittadina" col compito di studiare le possibilità di creare un istituto per la partecipazione democratica ai processi decisionali.
Riteniamo, infatti, che nessun sostanziale cambiamento potrà avverarsi nella città di Napoli se i cittadini non saranno messi nelle condizioni di partecipare ai processi decisionali che toccano nel vivo i loro diritti. La logica della concertazione ha finora relegato i cittadini in inutili tavoli tecnici o in insignificanti Forum che sono serviti, tranne nei casi in cui la volontà popolare l'ha impedito, a costruire il consenso intorno a scelte scellerate. Qualsiasi forma di partecipazione ottenuta in questi anni è stata sempre una concessione e mai un diritto acquisito, nonostante l'Italia abbia recepito da oltre dieci anni la Convenzione di Aarhus, che prevede tra l'altro assemblee pubbliche con pubblico contraddittorio a cui prendano parte "governanti e governati".

Napoli, 17 Giugno 2011

Coordinamento Regionale rifiuti della Campania (CO.RE.ri.)
http://www.rifiuticampania.org
- contatti@rifiuticampania.org

Tel: 334-6224313 - 393-5477300

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