CHI PENSA AL FUTURO? (articolo pubblicato su «La prima pietra»)
Massimo Ammendola
Agisci in modo tale che
gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di
una vita autenticamente umana» (Hans Jonas)
Ho sentito tante volte dire che in
Italia, uno dei grandi mali degli ultimi anni è stata senz’altro la
presenza di partiti personali, pericolosamente antidemocratici, che non
hanno incoraggiato la partecipazione dei cittadini. Ma la colpa forse
più grave di questi partiti è che non pensano al futuro, ma solo ad un
presente contingente che arriva al massimo a fine legislatura, per
intenderci.
Leggendo i programmi, osservando
l’operato, conoscendo i candidati, posso affermare che i principali
partiti italiani non hanno alcuna intenzione di guardare al futuro del
paese e delle prossime generazioni. A malapena si pensa alle generazioni
d’oggi.
Pensare al futuro significherebbe
smetterla di illuderci che la crescita e lo sviluppo siano possibili
sempre e comunque, perché il pianeta e le risorse non sono infinite.
Pensare al futuro significherebbe guardare con decisione ai problemi
ambientali, legati a un modello di sviluppo che considera solo il
profitto, ed esternalizza i costi ambientali e sanitari, cioè ce li fa
pagare a caro prezzo sulla nostra pelle. Pensare al futuro
significherebbe iniziare a parlare di liberazione del tempo, riduzione
delle ore di lavoro ed eliminazione dei lavori inutili, razionalizzando
la folle produzione industriale di una società basata sullo spreco e
sulle disuguaglianze, iniziando a pensare ai veri bisogni, senza più
produrne continuamente di falsi per far crescere il PIL. E pensare al
futuro significherebbe pensare al destino della produzione alimentare,
al fatto che la terra è prostrata dalle coltivazioni intensive che
abusano della chimica e la rendono quindi sterile, e che rendono il
nostro cibo spazzatura; che le multinazionali stanno correndo ad
accaparrarsi le terre libere; che l’inquinamento ambientale legato alla
folle crescita sta minando la catena alimentare, contribuendo
all’epidemia di tumori dei nostri tempi. Pensare al futuro,
significherebbe applicarsi da subito a un piano energetico nazionale,
basato sulle rinnovabili, specie sul solare, e sull’abbattimento dei
consumi; riflettiamo su come i paesi nordici, che di sole ne hanno ben
poco, ci hanno superato di gran lunga nella produzione.
Questo è pensare al futuro. E chi ci ha
governato negli ultimi anni, non lo fa e non lo ha mai fatto. E non lo
farà, probabilmente, finché non saremo ad un passo dal baratro.
Illudendoci che sia ancora possibile abbuffarsi alla tavola imbandita
del capitalismo. Le generazioni future ci malediranno, fosse solo per
gli enormi debiti che proroghiamo di decennio in decennio.
Una politica che non guarda al futuro,
ma pensa a restare a galla e a lucrare un altro po’, è la vera
antipolitica. Ben venga chi inizia a interrogarsi davvero sul futuro, a
parlare dei temi di cui sopra, e a farli diventare progetto politico.
Alla faccia dei fondamentalisti della crescita.
MARZO 2013