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07
Maggio 2012

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INATTUALI CONSIDERAZIONI SULLO STATO DELLE SCIENZE

Alessandro D’Aloia intervista Roberto Germano*

 

«giungo ad esperienze così inattuali su di me come figlio del tempo presente […] operare in esso in guisa inattuale – vale a dire contro il tempo e, in questo modo sul tempo e, speriamolo, a favore di un tempo a venire»

(Considerazioni Inattuali II: Sull’utilità e il danno della storia per la vita, Friedrich Nietzsche)

 

Vorrei, approfittando delle tue competenze, porti alcune domande di senso circa lo stato della scienza oggi a partire da un episodio che qualche mese fa ha suscitato un po’ di clamore, anche al di fuori dell’ambiente degli “addetti ai lavori”. Si tratta della strepitosa notizia, con successiva semi-smentita, relativa ai neutrini più veloci della luce. Al di là del fatto in sé, sul quale si potrebbe probabilmente discettare lungamente, la sensazione è che nel più generale quadro epistemologico dominante troppe cose tendano a darsi per scontate senza però esserlo.

 

Eh sì, per dirla in forma ironica, andrebbe fondato il CICAN! Cioè il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni Normali… Infatti, nella scienza, per definizione, i problemi aperti sono più di quelli “risolti”, ossia quelli “risolti” lo sono in maniera parziale o comunque approssimativa.

 

Ci fornisci qualche semplice esempio?

 

Certo! Tutti sanno cos’è un vetro: un liquido ad altissima viscosità. Questo basta a chiarirne completamente la natura? Ovviamente no. Ad esempio è un fatto sperimentale che un vetro che è geometricamente disordinato (come un liquido!), a partire da una certa temperatura in giù, ha un’entropia inferiore (cioè ha maggiore ordine!!) del corrispondente cristallo che è invece perfettamente ordinato geometricamente (Paradosso di Kauzmann).

 

Un altro esempio un po’ meno “fisico”?

 

Perché, pur essendo il DNA del bruco uguale a quello della farfalla, in cui esso si trasforma, essi sono così profondamente diversi, tanto che un bambino quasi non ci crede quando per la prima volta gli viene mostrato che si tratta di un organismo che si trasforma in un altro?!

Oppure: come fa una medusa, che è costituita di acqua più pura di quella del mare in cui è immersa, a mantenersi stabile in esso senza dissolversi?

Qual è la vera origine del magnetismo?

Come mai si scioglie il sale nell’acqua della pasta, visto che il legame tra le molecole di Sodio e Cloro che lo compongono ha un’energia che richiederebbe una temperatura di decine di migliaia di gradi centigradi per dissociarle?

Intendiamoci, non è che non ci siano tentativi che ritengono di aver già risposto a tali domande, solo che spesso si tratta appunto soltanto di tentativi evidentemente non ben riusciti. Per questo la scienza si evolve.

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Anche l’errore ha una sua economia nel processo di conoscenza. Questo insieme di questioni irrisolte, su argomenti anche molto vicini all’esperienza quotidiana, come il sale che si scioglie nell’acqua mentre non potrebbe, e gli altri esempi che fai, rivelano però una problematicità della realtà fisica che sembra in contraddizione con la pretesa, da parte del mondo scientifico, di essere invece riuscito ad incasellare ogni fenomeno al proprio posto in un modello interpretativo tanto consolidato quanto incapace di farsi comprendere all’esterno dei circuiti chiusi degli specialisti. Simmetrico, a questa incomprensibilità della scienza, sembra essere il sensazionalismo massmediatico che, come nel caso della vicenda dei neutrini, mentre cela il fatto che nessuno capisce davvero di cosa si stia parlando, in realtà contribuisce a rafforzare il processo di metafisicizzazione della conoscenza, funzionale alla sempre maggiore divergenza fra scienza ed esperienza.

 

In effetti hai colto nel segno quello che è uno dei principali problemi per cui combatto in prima linea ormai da quasi 20 anni. Per questo fondammo nel 1997 l’Associazione Culturale Interdisciplinare Altanur Infatti, il nome dell’associazione trae origine dal termine arabo al-tannur (il forno), che nel Medioevo diviene athanor, il recipiente in cui l’alchimista realizza le trasmutazioni. Altanur rappresenta, dunque, il forno in cui ci proponiamo di realizzare le moderne trasmutazioni: quelle della Cultura. Nei suoi primi 10 anni di vita avevamo dato luogo già a più di 150 eventi culturali divulgativi, in special modo a Napoli e dintorni, e senza un solo euro di finanziamento pubblico! Poi nel decennale (2007), abbiamo cominciato ad organizzare ogni anno un singolo evento più grande che si dipana nel corso dell’anno in più luoghi, e con una triade di concetti che fanno da fil rouge, e che cambiano di anno in anno: Le Connessioni Inattese[1].

Nel 2011 i tre concetti proposti sono stati “la Frontiera, l'Ignoto, l'Eresia”, nel 2010 “l’Uomo, il Tempo, la Natura”, nel 2009 “la Vita, la Forma, la Relazione”, nel 2008 “la Storia, la Scienza, la Propaganda” e nel 2007 “il Mito, il Sogno, la Realtà”. Il nome “Le Connessioni Inattese” trae spunto da un pensiero di Jules Henri Poincaré matematico e filosofo della scienza (1854-1921) nella sua opera epistemologica “Science et méthode” (1908) che noi troviamo particolarmente aderente ai nostri obiettivi:

 

Via via che la scienza si sviluppa, diventa sempre più difficile averne una visione complessiva; si cerca allora di dividerla in tanti pezzi e di accontentarsi di un pezzo solo; in una parola ci si specializza. Continuare in questa direzione sarebbe di grave ostacolo ai progressi della scienza. Lo abbiamo detto: sono le connessioni inattese fra diversi domini scientifici che rendono possibili tali progressi

Poincaré lo affermava con forza già più di 100 anni fa!

 

Questo spezzettamento del sapere oltre che ostacolare le “connessioni inattese” sembra piuttosto votato ad indurre “connessioni obbligate”, nel senso che pare proprio non ammettere connessioni “non conformi”, ad esempio, a quello che si può considerare come il modello affermato, e perciò dominante, di spiegazione della realtà. Prendiamo l’esempio della nota teoria del Big Bang. Qualche tempo fa, ho letto il bel libro di Eric J. Lerner Il Big Bang non c’è mai stato, in cui a partire da un’altra interpretazione del redshift, alternativa a quella prevalente, che la vede come la prova dell’espansione dell’universo, veniva smontata punto per punto l’intera teoria, che pare essere alla base di tutta una serie di concetti creati ad hoc, come ad esempio la materia oscura, per far tornare complessi calcoli energetici che altrimenti non tornerebbero per niente, e per giustificare una visione dell’universo che implica come necessità l’esistenza di una sua origine puntuale (nello spazio e nel tempo) e dunque di una genesi sostanzialmente metafisica (divina). Ora al di là della questione in sé, il merito di quel libro è proprio quello di insistere sul metodo scientifico e di denunciare con forza che all’interno della scienza si sta affermando un modo di procedere che di scientifico ha ben poco, facendo discendere le “prove” dalla teoria, invece che teorizzare in base alle prove.

 

Il processo di creazione scientifica ha una fondamentale componente artistica, e quindi non c’è mai una pura e semplice deduzione, né della teoria dagli esperimenti, né degli esperimenti dalla teoria. Diciamo che è tutto meravigliosamente “intricato” e che l’intuizione e la creatività umana con vari mezzi riescono a far via via un po’ di luce. L’errore umano più tipico dei non-creativi è di fare come nella storiella dell’ubriaco che cerca le chiavi di casa, ma non le trova...

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E perché non le trova?

Perché le cerca sotto il lampione, visto che tutto intorno è buio… E in effetti non è affatto una cattiva idea. Ma, il problema è che gli sono cadute dall’altra parte della strada!! Però lì non c’è luce…

Tornando alla tua domanda specifica, devo riferirti ciò che disse nelle sale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a Napoli nel 2001, il grande astrofisico osservativo Halton Arp, nell’ambito della prima edizione del Convegno Internazionale “Scienza & Democrazia”, svoltosi appunto a Palazzo Serra di Cassano, sede storica dell’Istituto. Halton Harp esordì con questo pesantissimo atto d’accusa[2]:

 

Cinquant’anni fa, era difficile evitare di trovarsi a discutere animatamente se scienza e religione fossero compatibili. Oggi, questo è un argomento morto. Come scienziato assumevo semplicemente che la gente era arrivata a capire che la scienza è ciò che funziona e che la religione era basata su miti e congetture. Ma ora una stupefacente presa di coscienza ha cominciato a farsi strada in me – la religione ha prevalso! La scienza è diventata una religione! […]

Il punto […] è che sebbene la religione possa aver preso in prestito un po’ del gergo della scienza, la scienza, cosa più importante, ha adottato i metodi della religione. Questo è il peggio che poteva accadere a entrambe.

 

Da giovane studente di Fisica, mi sarei davvero meravigliato di ascoltare tali parole da un astrofisico così famoso; ma, in effetti, nel 2001, quando ebbi modo di ascoltarle dalla voce di Halton Arp[3], la mia pur breve esperienza me le fece apparire, purtroppo, non più così assurde. Avevo, infatti, già avuto modo di vivere e approfondire la “moderna storia d’inquisizione e d’alchimia” rappresentata dal dipanarsi della ricerca sperimentale e teorica resa oltremodo difficoltosa dai pregiudizi e dalle ridicolizzazioni della cosiddetta Fusione Fredda, ovvero delle reazioni nucleari a debole energia che avvengono nella materia condensata in condizioni non previste dai modelli allora noti in fisica nucleare.

 

Come mai Halton Arp è così netto e quasi estremista nelle sue accuse alla scienza così come si manifesta alla fine del XX secolo (e, direi, all’inizio del XXI)?

 

Basta capire cosa avvenne ad Halton Arp quando iniziò a mostrare ad altri astrofisici alcune sue osservazioni “anomale” rispetto alla corrente interpretazione del cosiddetto “red shift” (spostamento verso il rosso) connessa alla teoria del Big Bang e dell’espansione dell’Universo.

Divenne improvvisamente e stabilmente un “eretico”, ossia un collega da non invitare più ai Convegni…

 

Eppure, dovrebbe essere vero esattamente il contrario: sono le osservazioni che, quando non collimano con la teoria in corso, la rendono in qualche modo “anomala” e quindi pronta ad essere sostituita da una teoria che possa essere più aderente alla massa di nuove osservazioni effettuate.

 

Certo! E naturalmente tutti quelli che si occupano di scienza sono pronti a giurare che è così. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e siamo invece arrivati al punto che per non porre in dubbio la teoria del Big Bang e dell’espansione dell’Universo, si debba ricorrere – come tu hai giustamente ricordato – ad un 90% di ipotetica materia dell’Universo, ossia una non meglio definita “materia oscura” (ben diversa dal mare di energia di punto zero, si badi bene) sostanzialmente inosservabile…

 

Anche i colleghi di Galileo si rifiutarono di guardare nel cannocchiale.

 

Certo!! E nel 1600 padre Clavio (il gesuita Cristoforo Klau) professore di matematica al Collegio Romano per poter continuare a sostenere la perfezione sferica della Luna, contrapponendosi alle osservazioni sperimentali di Galileo, arrivò a sostenere che la Luna non poteva avere monti perché apparteneva al Cielo e il Cielo doveva essere perfetto, cioè sferico. Quindi, se sulla Luna Galilei vedeva strutture simili a montagne, ciò ovviamente significava soltanto che il cannocchiale non mostrava tutta la verità; certamente la Luna era circondata da uno strato di sferico, trasparente, cristallo…

 

Cioè due più due può fare quanto ci pare, invece che quattro, aggiungendo unità “invisibili” (materia oscura) a piacimento… Ma come mai nessuno osa mettere in dubbio la corrente interpretazione del red shift?

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Il discorso è complesso, ed io non sono un astrofisico, però può essere utile ricordare qui, che a differenza di ciò che affermano frettolosamente certi libri di divulgazione, lo stesso astronomo Edwin Hubble non era affatto così convinto che le sue osservazioni del “red shift” fossero un “effetto Doppler” della luce e che significassero che l’Universo si stava espandendo, anzi, diceva:

 

se gli spostamenti verso il rosso non sono un effetto Doppler, queste anomalie spariscono e la regione osservata appare come una piccola, omogenea, ma insignificante porzione dell’universo esteso indefinitamente sia nello spazio che nel tempo.[4]

 

Dunque l’angoscia dell’insignificanza cosmica (o statistica) dell’uomo e la ricerca, soprattutto, di una rappresentazione consolatoria, ci fanno vedere quel che vogliamo vedere piuttosto che guardare quello che in effetti si vede (paura di guardare nel buio come l’ubriacone che ha perso le chiavi), al punto che l’indagine scientifica accetta di diventare dogmatica. Se questo è il paradigma vincente non posso che apprezzare ancor più la tensione antidogmatica e la vigorosa polemica sul metodo scientifico che ho ritrovato nei tuoi libri sulla fusione fredda e sull’acqua, oltre al merito degli argomenti trattati, che ho avuto modo di leggere e trovato davvero imprescindibili.

 

Ti ringrazio. Si tratta di due saggi divulgativi, ma ricchi di bibliografia specialistica, che ho scritto col cuore, anche se a sera tarda e nei week end, a causa degli impegni lavorativi quotidiani. Ciò ti fa capire la necessità che sentivo nello scriverli, anche se poi mi hanno dato un divertimento unico nel farlo…

Devo dire che l’editore Bibliopolis, nella persona di Francesco Del Franco, ha avuto un coraggio unico nel pubblicarli, considerato quanto fossero incredibilmente controversi tali argomenti al momento della loro pubblicazione (cioè, rispettivamente, 12 e 6 anni fa); ormai, invece, si pubblica con meno ostracismi, e premi Nobel, come Luc Montagnier, stanno seguendo tali filoni di ricerca con risultati eclatanti.

Come diceva il grande William James:

 

When a thing was new people said, “It is not true.” Later, when its truth became obvious, people said, “Anyway, it is not important,” and when its importance could not be denied, people said, “Anyway, it is not new.”

 

MARZO 2012

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*CEO di PROMETE Srl, CNR Spin off Company

 

Bibliografia

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- E. Del Giudice, G. Preparata and G. Vitiello, Water as a Free Electric Dipole Laser, Physical Review Letters, 61, n°9, 1988, pp. 1085-1088

- G. Preparata, QED Coherence in Matter, World Scientific Publishing Company, Singapore 1995

- G. Preparata, L’architettura dell’universo. Lezioni popolari di fine secolo su ciò che la scienza è riuscita a capire sulla struttura dell'universo, Bibliopolis, Napoli 2001

- G. Preparata, Dai quark ai cristalli, Bollati Boringhieri, Torino 2002.

- G. Preparata, An Introduction to a Realistic Quantum Physics,World Scientific Publishing Company, Singapore 2002.

- G. Preparata, What is Quantum Physics? Back to the QFT of Planck, Einstein and Nernst, Intervento alla IX Winter School on Hadron Physics, Folgaria (Italy), 6-13 Febbraio 1994

- G. Preparata, Sulle tracce del vuoto, Il Nuovo Saggiatore, 13, n°3, 1997, pp. 22-29

- J. D. Bjorken e S. D. Drell, Relativistic Quantum Field, McGraw Hill, New York 1964

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- E. Del Giudice, G. Preparata, Coherent Electrodynamics in water, J. Sculte, C. Endler editors, Fundamental Research in Ultrahigh Dilution and Homeopathy, Kluwer, 1998, pp. 89-103

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- R. Germano, Aqua. L’acqua elettromagnetica e le sue mirabolanti avventure, Bibliopolis, Napoli 2006


[2] Halton Arp, Che ne è della Scienza?, in Scienza e Democrazia, a cura di Marco Mamone Capria, Liguori, Napoli 2003.

[3] Halton Arp, Quasars, Redshifts and Controversies, Interstellar Media (1987); H.Arp, Seeing Red: Redshifts, Cosmology and Academic Science, Apeiron (1998).

[4] «[…] if redshifts are not Doppler effect, these anomalies disappear and the region observed appears as a small, homogeneous, but insignificant portion of a universe extended indefinitely both in space and time».

E.Hubble, Roy. Astron. Soc. M. N., 17, 506 (1937).