DOPO RENZI
Presentazione del numero
Redazione
		Che viviamo uno dei periodi più bui 
		della storia repubblicana è una convinzione espressa da più parti e che 
		condividiamo. Ma non staremo qui ad approfondirla.
		Come rivista «Città future» siamo 
		interessati, infatti, ad osservare e a discutere quanto socialmente, ed 
		è il caso di dire antropologicamente, sta accadendo sotto i nostri 
		occhi: ovvero ciò che sta per 
		accadere. 
		Al di là del declino del personaggio 
		Berlusconi, e della lenta inerzia di questa storia che non vuol finire, 
		dobbiamo dire (e non saremo originali neanche in questo) che il nostro 
		presente e il nostro immediato futuro hanno il nome di colui che tiene 
		banco nello spettacolo della politica di queste ultime settimane: Renzi. 
		Il giovane intraprendente – molti 
		traducono intelligente – sindaco di Firenze che si presenterà come nuovo 
		segretario al prossimo congresso del
		pd e, al contempo, come 
		futuro leader d’una possibile coalizione di governo.
		Potrà anche perdere, infatti, Renzi – 
		perché la storia non si sviluppa mai lungo strade troppo semplici ed 
		univoche; potrà anche il pd, infatti, muovere al proprio interno meccanismi analoghi a 
		quelli che hanno permesso a Bersani di vincere le primarie; potrà, 
		infatti, anche non essere così radicata quanto, invece, appariscente la 
		tendenza efficientista e nuovista (in definitiva neo nichilista) 
		incarnata dal giovane rampante primo cittadino. 
		Ma quello che bisogna dire è che Renzi è 
		già la politica italiana. Il suo 
		modo della politica, al di là di tutte le possibili sfumature, è già
		il modo della nostra politica. 
		E non sarà un caso che tutti invidiano 
		Renzi al pd; lo invidia il
		pdl, che prima o poi dovrà 
		trovare, se vorrà, una strada alternativa al Berlusconi fuori tempo 
		massimo, e la cercherà nella direzione di Renzi; lo invidia il centro (a 
		cui starebbe benissimo Renzi tout 
		court); lo invidiano anche sel 
		e sicuramente anche ciò che è rimasto del partito di Di Pietro, da poco 
		rifondato.
		D’altro canto, il fatto che Renzi possa 
		non avere la maggioranza al congresso, per via della resistenza dei 
		circoli, o della residua forma partito, è solo la prova che egli 
		costituisce già il nuovo, un nuovo che potrebbe anche non imporsi 
		definitivamente, ma che, proprio per questo, oggi ha vinto già.
		Renzi, insomma, è l’alta velocità della 
		politica, o se si preferisce, l’esperienza della politica 2.0 anche se 
		nella forma in sostanza ancora televisiva (la famosa coscienza dei 
		vecchi marxisti in ritardo rispetto alla realtà…).
		Come rivista, dunque, ci tocca pensare 
		non tanto il presente che, in un modo o nell’altro, è qui, ed è di 
		Renzi, quanto, invece, il dopo Renzi: ciò che Renzi sarà in futuro, 
		ovvero quale sarà il nostro futuro dopo Renzi. 
		E non è detto, infatti, che sia peggio 
		di oggi, o più renziano dell’oggi (ci sono a riguardo molte variabili 
		che entrano in gioco. E queste sì che non hanno molto a che fare con la 
		persona Renzi, le sue presunte capacità, e le circostanze che lo portano 
		ad essere il titolo dei giornali di queste settimane). 
		Se crediamo che la velocità della 
		politica di oggi, insieme a tante altre cose, farà passare celermente 
		anche Renzi, d’altro canto ciò che rende possibile Renzi, invece, siamo 
		convinti che rimarrà. Rimarrà, ad esempio, l’efficienza come unico 
		criterio della politica, e rimarrà sicuramente questa nostra politica 
		piccola piccola e così a suo agio nel riscoprirsi democristiana. 
		Ed è a questo, non ad altro, a cui vale 
		la pena cominciare a pensare, se vogliamo essere in anticipo sul futuro, 
		diciamo pure, più presenti del nostro presente: dandoci la possibilità 
		di battere sul tempo il nuovo che avanza.
		Il numero 11, che qui presentiamo, 
		propone, invece del consueto editoriale, un testo a più voci su
		Che cos’è un luogo? La 
		domanda, che potrebbe anche sembrare stramba, ha tra i diversi 
		significati impliciti quello dell’interrogarsi se in una società che 
		pensa di poter fare a meno dei suoi luoghi possa infine avere luogo una 
		politica.
		Aprono il numero gli articoli della 
		rubrica «Esperienza e rappresentazione», il primo dei quali,
		Cosa significa sentire?, è la 
		parte iniziale della trascrizione del seminario intitolato
		Esperienza e rappresentazione nel 
		mondo senza tempo, tenutosi l’11 Giugno 2013 all’Istituto Italiano 
		per gli Studi Filosofici a cura di G. Trapanese. In esso si tratta il 
		“sentire” come fenomeno connaturato allo scorrere temporale, riflettendo 
		sul suo destino in un mondo senza tempo. 
		Il secondo articolo, di A. D’Egidio,
		Il lessico della crisi e la crisi 
		delle passioni, riflette sulla natura spassionata di una società in 
		crisi non solo economica, dove l’unica passione superstite ha ormai la 
		forma della paura.
		Nel terzo articolo
		
		Instagram, 
		Chiude la rubrica di «Esperienza e 
		rappresentazione» l’articolo di J. Palumbo,
		Un (o) maggio critico a
		L’Album Biango di Elio e 
		le Storie Tese, che interpreta l’ultimo Lp della band milanese 
		quale traccia musicale della crisi che attraversiamo.
		Segue la rubrica «La città dell’uomo» 
		aperta e chiusa dall’articolo La 
		decostruzione della città, di A. D’Aloia, sorta di provocazione 
		utopistica sull’utilizzo del vuoto come principale materiale da 
		costruzione quale estremo atto d’amore verso l’ormai archeologico 
		concetto di città.
		Per la rubrica «Transizione», l’articolo 
		di M. Ammendola, La transizione dell’Italia interna e il crollo delle società complesse. 
		Alla ricerca dell’umanesimo delle montagne e del Mediterraneo interiore, 
		riflette sulle relazioni tra transizione e paesologia a partire 
		dall’esperienza del festival La 
		luna e i calanchi organizzato da F. Arminio, dal 29 al 31 agosto 
		dell’estate appena conclusa, ad Aliano (paese del confino di C. Levi).
		Nella sezione «Per uno studio del 
		marxismo», l’articolo di V. Fiano L’odierno sistema di 
		sfruttamento dei migranti nell’Italia meridionale, prosegue il 
		percorso dei precedenti numeri sul tema delle dinamiche della migrazione 
		nel capitalismo. Tema di tragica attualità, dopo l’ennesimo 
		disastro umanitario figlio della Bossi-Fini-Maroni, vera legge vergogna, 
		di una penisola infelice che svende il proprio ruolo di cuore del 
		Mediterraneo, per un posto da sentinella di confine di un’Europa 
		post-civile.
		Per la sezione «Inchieste» un articolo 
		di bruciante attualità di M. Ammendola intitolato
		Evacuateci.
		Il genocidio della Terra dei 
		Fuochi ovvero Il piano nazionale di smaltimento dei rifiuti industriali, nel 
		quale la cronaca dei dati si fa storia del lutto di una regione e 
		critica di un sistema produttivo.
		La sezione «Inchieste» si chiude con 
		l’articolo di R. Gonfrei, Il 
		Giappone e il consumismo che verrà. Impressioni di viaggio, che apre 
		una finestra su un estremo oriente zeppo di contraddizioni tra il suo 
		passato e il suo presente, possibile nostro futuro.
		Segue l’articolo
		Il commento II, di G. Cosenza, 
		nostro ormai assiduo collaboratore, assurto a coscienza critica della 
		rivista. La sua vivisezione dei nostri scritti mette in evidenza le 
		debolezze d’analisi che sorgono dalle imprecisioni lessicali e 
		metodologiche con cui si cerca di maneggiare certe idee, nell’intento di 
		dare vita ad un processo di chiarificazione in seno alla rivista. In 
		tale ottica stiamo pensando anche di aprire uno spazio apposito sul 
		sito, per offrire la possibilità di un dibattito a stretto giro anche in 
		forma di brevi risposte o, meglio ancora, di organizzare i prossimi 
		numeri a mo’ di raccolte monografiche su cui tutti sono chiamati a 
		intervenire. Cogliamo anche l’occasione per chiedere ai lettori della 
		rivista cosa pensano di quest’ultima idea.
		L’ultimo articolo di E. Caccese,
		All’ombra della «Casa di 
		Salomone». L’influenza delle grandi fondazioni sulla Scienza nel 
		xx 
		secolo (parte II), continua il percorso intrapreso nello scorso 
		numero sulla storia critica del rapporto tra scienza e potere in 
		occidente, analizzando, questa volta, l’età delle accademie.
		Chiude il numero la recensione di A. D’Egidio, Manuel Castellas, «Galassia Internet».
		
		Buona lettura a tutti.
La Redazione.