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11
Ottobre 2013

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DOPO RENZI

Presentazione del numero

Redazione

 

Che viviamo uno dei periodi più bui della storia repubblicana è una convinzione espressa da più parti e che condividiamo. Ma non staremo qui ad approfondirla.

Come rivista «Città future» siamo interessati, infatti, ad osservare e a discutere quanto socialmente, ed è il caso di dire antropologicamente, sta accadendo sotto i nostri occhi: ovvero ciò che sta per accadere.

Al di là del declino del personaggio Berlusconi, e della lenta inerzia di questa storia che non vuol finire, dobbiamo dire (e non saremo originali neanche in questo) che il nostro presente e il nostro immediato futuro hanno il nome di colui che tiene banco nello spettacolo della politica di queste ultime settimane: Renzi.

Il giovane intraprendente – molti traducono intelligente – sindaco di Firenze che si presenterà come nuovo segretario al prossimo congresso del pd e, al contempo, come futuro leader d’una possibile coalizione di governo.

Potrà anche perdere, infatti, Renzi – perché la storia non si sviluppa mai lungo strade troppo semplici ed univoche; potrà anche il pd, infatti, muovere al proprio interno meccanismi analoghi a quelli che hanno permesso a Bersani di vincere le primarie; potrà, infatti, anche non essere così radicata quanto, invece, appariscente la tendenza efficientista e nuovista (in definitiva neo nichilista) incarnata dal giovane rampante primo cittadino.

Ma quello che bisogna dire è che Renzi è già la politica italiana. Il suo modo della politica, al di là di tutte le possibili sfumature, è già il modo della nostra politica.

E non sarà un caso che tutti invidiano Renzi al pd; lo invidia il pdl, che prima o poi dovrà trovare, se vorrà, una strada alternativa al Berlusconi fuori tempo massimo, e la cercherà nella direzione di Renzi; lo invidia il centro (a cui starebbe benissimo Renzi tout court); lo invidiano anche sel e sicuramente anche ciò che è rimasto del partito di Di Pietro, da poco rifondato.

D’altro canto, il fatto che Renzi possa non avere la maggioranza al congresso, per via della resistenza dei circoli, o della residua forma partito, è solo la prova che egli costituisce già il nuovo, un nuovo che potrebbe anche non imporsi definitivamente, ma che, proprio per questo, oggi ha vinto già.

Renzi, insomma, è l’alta velocità della politica, o se si preferisce, l’esperienza della politica 2.0 anche se nella forma in sostanza ancora televisiva (la famosa coscienza dei vecchi marxisti in ritardo rispetto alla realtà…).

Come rivista, dunque, ci tocca pensare non tanto il presente che, in un modo o nell’altro, è qui, ed è di Renzi, quanto, invece, il dopo Renzi: ciò che Renzi sarà in futuro, ovvero quale sarà il nostro futuro dopo Renzi.

E non è detto, infatti, che sia peggio di oggi, o più renziano dell’oggi (ci sono a riguardo molte variabili che entrano in gioco. E queste sì che non hanno molto a che fare con la persona Renzi, le sue presunte capacità, e le circostanze che lo portano ad essere il titolo dei giornali di queste settimane).

Se crediamo che la velocità della politica di oggi, insieme a tante altre cose, farà passare celermente anche Renzi, d’altro canto ciò che rende possibile Renzi, invece, siamo convinti che rimarrà. Rimarrà, ad esempio, l’efficienza come unico criterio della politica, e rimarrà sicuramente questa nostra politica piccola piccola e così a suo agio nel riscoprirsi democristiana.

Ed è a questo, non ad altro, a cui vale la pena cominciare a pensare, se vogliamo essere in anticipo sul futuro, diciamo pure, più presenti del nostro presente: dandoci la possibilità di battere sul tempo il nuovo che avanza.

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Il numero 11, che qui presentiamo, propone, invece del consueto editoriale, un testo a più voci su Che cos’è un luogo? La domanda, che potrebbe anche sembrare stramba, ha tra i diversi significati impliciti quello dell’interrogarsi se in una società che pensa di poter fare a meno dei suoi luoghi possa infine avere luogo una politica.

Aprono il numero gli articoli della rubrica «Esperienza e rappresentazione», il primo dei quali, Cosa significa sentire?, è la parte iniziale della trascrizione del seminario intitolato Esperienza e rappresentazione nel mondo senza tempo, tenutosi l’11 Giugno 2013 all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a cura di G. Trapanese. In esso si tratta il “sentire” come fenomeno connaturato allo scorrere temporale, riflettendo sul suo destino in un mondo senza tempo.

Il secondo articolo, di A. D’Egidio, Il lessico della crisi e la crisi delle passioni, riflette sulla natura spassionata di una società in crisi non solo economica, dove l’unica passione superstite ha ormai la forma della paura.

Nel terzo articolo Instagram, la Community e il Piacere condiviso: una lettura benjaminiana ottimista, M. Di Leva fa un’interessante disamina dei social network, focalizzandosi sull’ultimo fenomeno in ordine di tempo, Instagram, come strumento di indagine e costruzione del Sé attraverso il potere proiettivo delle immagini che sopprimono le parole.

Chiude la rubrica di «Esperienza e rappresentazione» l’articolo di J. Palumbo, Un (o) maggio critico a L’Album Biango di Elio e le Storie Tese, che interpreta l’ultimo Lp della band milanese quale traccia musicale della crisi che attraversiamo.

Segue la rubrica «La città dell’uomo» aperta e chiusa dall’articolo La decostruzione della città, di A. D’Aloia, sorta di provocazione utopistica sull’utilizzo del vuoto come principale materiale da costruzione quale estremo atto d’amore verso l’ormai archeologico concetto di città.

Per la rubrica «Transizione», l’articolo di M. Ammendola, La transizione dell’Italia interna e il crollo delle società complesse. Alla ricerca dell’umanesimo delle montagne e del Mediterraneo interiore, riflette sulle relazioni tra transizione e paesologia a partire dall’esperienza del festival La luna e i calanchi organizzato da F. Arminio, dal 29 al 31 agosto dell’estate appena conclusa, ad Aliano (paese del confino di C. Levi).

Nella sezione «Per uno studio del marxismo», l’articolo di V. Fiano L’odierno sistema di sfruttamento dei migranti nell’Italia meridionale, prosegue il percorso dei precedenti numeri sul tema delle dinamiche della migrazione nel capitalismo. Tema di tragica attualità, dopo l’ennesimo disastro umanitario figlio della Bossi-Fini-Maroni, vera legge vergogna, di una penisola infelice che svende il proprio ruolo di cuore del Mediterraneo, per un posto da sentinella di confine di un’Europa post-civile.

Per la sezione «Inchieste» un articolo di bruciante attualità di M. Ammendola intitolato Evacuateci. Il genocidio della Terra dei Fuochi ovvero Il piano nazionale di smaltimento dei rifiuti industriali, nel quale la cronaca dei dati si fa storia del lutto di una regione e critica di un sistema produttivo.

La sezione «Inchieste» si chiude con l’articolo di R. Gonfrei, Il Giappone e il consumismo che verrà. Impressioni di viaggio, che apre una finestra su un estremo oriente zeppo di contraddizioni tra il suo passato e il suo presente, possibile nostro futuro.

Segue l’articolo Il commento II, di G. Cosenza, nostro ormai assiduo collaboratore, assurto a coscienza critica della rivista. La sua vivisezione dei nostri scritti mette in evidenza le debolezze d’analisi che sorgono dalle imprecisioni lessicali e metodologiche con cui si cerca di maneggiare certe idee, nell’intento di dare vita ad un processo di chiarificazione in seno alla rivista. In tale ottica stiamo pensando anche di aprire uno spazio apposito sul sito, per offrire la possibilità di un dibattito a stretto giro anche in forma di brevi risposte o, meglio ancora, di organizzare i prossimi numeri a mo’ di raccolte monografiche su cui tutti sono chiamati a intervenire. Cogliamo anche l’occasione per chiedere ai lettori della rivista cosa pensano di quest’ultima idea.

L’ultimo articolo di E. Caccese, All’ombra della «Casa di Salomone». L’influenza delle grandi fondazioni sulla Scienza nel xx secolo (parte II), continua il percorso intrapreso nello scorso numero sulla storia critica del rapporto tra scienza e potere in occidente, analizzando, questa volta, l’età delle accademie.

Chiude il numero la recensione di A. D’Egidio, Manuel Castellas, «Galassia Internet».

 

Buona lettura a tutti.

La Redazione.

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