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Ottobre 2013

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Inchieste

EVACUATECI

Il genocidio della Terra dei Fuochi ovvero il piano nazionale di smaltimento dei rifiuti industriali

Massimo Ammendola

 

Questa fine dell’utopia […] possiamo concepirla come la fine della storia, cioè che le nuove possibilità di una società umana e del suo ambiente non possono essere immaginate come prolungamento delle vecchie […]. Schierarsi era necessario e ciò rendeva ben individuabile il nemico fuori, il nemico da combattere ed abbattere.

(Herbert Marcuse, La fine dell’utopia, Manifestolibri, Roma 2008).

 

Questo articolo era nei miei pensieri da diversi mesi. Dopo tanti anni, non era facile tornare a scrivere di un argomento che mi fa diventare letteralmente pazzo, talmente è assurdo ed incredibile ciò che accade nella mia terra. Devo quindi ringraziare Claudio Velardi, ex assessore regionale e consigliere di D’Alema, e Mario Adinolfi, ex deputato e giornalista, che hanno fatto alcuni ridicoli commenti sul tema dei roghi tossici, sulla presunta indifferenza dei cittadini negli anni passati e sui fini non chiari delle ultime manifestazioni[1] [2]. Mi hanno così innervosito, che sono riuscito a scrivere, provando a mettere ordine in questa tremenda storia.

Sono fiero di dire che ho iniziato a pre-occuparmi di sversamenti illegali di rifiuti tossici in Campania nel 2006, quando conobbi, per poi entrarne a far parte tramite le Assise della Città di Napoli[3], il Comitato Allarme Rifiuti Tossici[4]. Avevo 21 anni, volevo cambiare il mondo. Ed iniziai dal mio mondo. Non ero mica il primo: una delle testimonianze di denuncia più “datate” è un documento del 1988 dei consiglieri comunali del Partito Comunista Italiano di Casal di Principe (Ce), che denunciavano la presenza di rifiuti e fusti nelle cave della zona. Dopo 18 anni, la situazione non era per niente cambiata, ce n’erano di cose da capire e di lavoro da fare: per primi ascoltai in un’assemblea alcuni attivisti e medici dell’Istituto Tumori “Pascale” di Napoli, e mi resi conto che l’Emergenza rifiuti urbani di Napoli e Campania[5] era la punta dell’iceberg di qualcosa di enorme e spaventoso.

Più tardi, dopo aver approfondito questi temi, capii che i rifiuti urbani erano strettamente legati al traffico di rifiuti tossici: molte discariche di rifiuti urbani e le stesse ecoballe contengono anche scarti tossici; in alcuni casi, come la discarica di Lo Uttaro, in provincia di Caserta, coprono totalmente vecchi sversamenti di scarti industriali. Lo Stato ha occultato le prove di un reato, in pratica. Questi scarti (solidi, liquidi, fanghi) tossici, ed anche nucleari, da oltre vent’anni vengono però anche gettati nelle cave dismesse, nei laghetti, o utilizzati come fertilizzante per terreni agricoli, o come sottofondo stradale, provocando in ogni caso un avvelenamento progressivo delle falde acquifere, delle acque di irrigazione dei campi e dell’aria. Ma soprattutto venivano e vengono buttati e bruciati nelle campagne e periferie a nord di Napoli e a sud di Caserta, in quello che venne chiamato il Triangolo della morte, Acerra-Nola-Marigliano, e molto oltre, a formare un largo corridoio tossico che arriva fino al mare, passando per Marcianise, Caivano, Afragola, Casoria, Aversa, Giugliano, Qualiano, Casal di Principe, Villa Literno, Castelvolturno, solo per citare alcuni dei comuni maggiori.

Basta prendere la A3 da Roma in auto, alla barriera Napoli Nord, all’altezza dello svincolo per Caserta Sud: specialmente di sera l’aria è nera, fetida e più o meno irrespirabile, a seconda dei venti.

Non solo: scoprii che lo Stato faceva e fa finta di non vedere in maniera sistematica quando si trattava di sversamenti illegali. Innumerevoli le testimonianze di chiamate a Carabinieri, Vigili del Fuoco, Polizia, che si risolvevano in un nulla di fatto o in un susseguirsi di trasferimenti di chiamata da un centralino all’altro. Indifferenza, spalle voltate. Ogni tanto qualche confessione di impotenza, “che cosa possiamo fare?”. Per non parlare del carrozzone dell’Agenzia regionale protezione ambientale Campania, l’Arpac, che non ha poteri di polizia giudiziaria, e che spesso è stata criticata per le analisi compiute. E le denunce delle Assise e dei comitati, le assemblee, le manifestazioni, i volantinaggi, gli esposti, i convegni, le segnalazioni (su tutti il sito www.laterradeifuochi.it di Angelo Ferrillo, che mappa costantemente i roghi tossici segnalati dai cittadini? Tutto è stato ignorato da coloro che avrebbero dovuto invece ascoltare, rispondere ed intervenire, così come ha fatto anche buona parte della cittadinanza... Ma ora che ci si ammala e si muore così facilmente, la gente sta finalmente prendendo coscienza e manifestando in massa. E se ora queste denunce sono tornate alla ribalta, lo si deve anche all’operato di Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano che è riuscito ad ottenere attenzione mediatica, dopo alcuni anni di disinteresse. Nel frattempo, però, comitati e parrocchie sono in guerra permanente tra loro, sospettosi e divisi, ognuno detentore della propria verità, al punto che sono state organizzate due manifestazioni diverse e separate a Napoli, una il 26 ottobre e una il 16 novembre... Proprio ora che le coscienze delle masse si stanno risvegliando? È un caso? Sembra il solito ed abusato divide et impera.

Intanto si continua a morire, è un’epidemia di tumori e malformazioni. E stanno morendo di tumori e leucemie, con una frequenza terrificante, i bambini.

Tutti sanno tutto. Politici, giornalisti, magistrati e cittadini. Ferrillo lo definisce come «il più grande avvelenamento di massa di un Paese occidentale, la più grande catastrofe ambientale a partecipazione pubblica».

Secondo Giovan Giacomo Giordano, ex primario anatomo-patologo presso l’Istituto Pascale di Napoli, già dagli anni ‘70 la Campania patisce gli effetti nocivi per la salute pubblica causati da smog e rifiuti tossici: è del 1977 il suo libro bianco, Salute e ambiente in Campania.

Il figlio, Antonio, patologo e genetista, oggi parla di

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un laboratorio di cancerogenesi dove le cavie non sono topi, ma i napoletani ed i campani. […] Le posso dire con la certezza dell’osservazione dei dati statistici, delle mappe dell’inquinamento e dai tipi di sostanze ritrovate, che il 60% dei residenti svilupperà tumori od altre gravi patologie. […] Mutazioni, trasmissibili geneticamente. Negli animali, nelle piante e negli uomini. Dei ceppi genetici pericolosissimi[6].

 

Come Chernobyl e Fukushima.

Ma questa è solo la base della piramide di silenzio e connivenza. Se su un territorio esteso (grossolanamente misurato su Google Maps parliamo di circa 2000 km2, anche se per il presidente della regione Campania Caldoro è solo un 1%, ben perimetrato[7]), ogni giorno ed ogni notte, molto spesso negli stessi punti isolati, vengono incendiati rifiuti nocivi prodotti da industrie locali e del Nord Italia, recuperati dai clan tramite dei “broker” che li dirottano in queste zone: allora è evidente che ci troviamo davanti ad un grande piano nazionale di smaltimento degli scarti industriali, elaborato da politici, industriali, clan, servizi segreti deviati, massonerie.

Non si sapeva come smaltirli, poiché farlo legalmente costa, e allora hanno trovato questa brillante soluzione per aiutare le industrie a risparmiare, e per fare arricchire ancor di più i clan: l’assurdo è che i clan hanno fatto risparmiare cifre astronomiche alle imprese del nord Italia. Probabilmente se non si fosse sversato illegalmente in Campania e nelle altre regioni del sud Italia (in particolare anche Puglia e Calabria), molte industrie non avrebbero potuto sostenere i costi di smaltimento e quindi reggere la concorrenza internazionale, specie quella cinese, a bassissimo costo. E così abbiamo pagato noi sulla nostra pelle.

In questa storiaccia è tutto molto chiaro e banale, basta leggere dietro le righe, unire i puntini e annerire gli spazi, La Settimana Enigmistica docet.

È chiaro il ruolo delle logge massoniche, captato nelle intercettazioni: è storia che Licio Gelli era in contatto con Gaetano Cerci, nipote di Francesco Bidognetti, che gestiva il traffico dei rifiuti tossici per conto dei Casalesi, insieme al broker e avvocato Cipriano Chianese. La massoneria esiste per evitare eventuali danni legislativi piuttosto che investigativi o giudiziari, come ha affermato Roberto Mancini, sostituto commissario della Polizia di Stato, in un’intervista di Sky[8].

Così come è letteratura giudiziaria la “riunione di Villaricca”, uno degli incontri chiave che hanno sancito il destino tossico della Campania, nel 1989, presso il ristorante-albergo La Lanterna, in cui si riunirono vari soggetti:

 

ci sono i camorristi di Pianura e dell’area flegrea, tra cui Perrella. C’è Ferdinando Cannavale, nel ruolo di massone amico dei politici locali e nazionali. Ci sono i proprietari delle discariche […]. C’è Gaetano Cerci, il titolare dell’azienda “Ecologia ‘89”, che trasporta e smaltisce rifiuti, ma è anche nipote di Francesco Bidognetti, braccio destro di Francesco Schiavone ‘Sandokan’. Cerci è inoltre il tramite tra il clan dei casalesi e Licio Gelli[9].

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Quest’ultimo, capo della Loggia Massonica p2, era una figura di snodo: il contatto con gli imprenditori del nord che avevano un problema da risolvere, oltre ad avere i giusti contatti col potere romano.

«Delle 25 lire che gli industriali pagavano in media per liberarsi di ogni chilo di rifiuti affidati alla malavita, 15 lire andavano alla camorra e 10 lire alla politica».

Una grande alleanza Stato-Mafie-Industriali. Per questo è impossibile pensare di eliminare le mafie, che sono la base del sistema capitalistico. Ci dovrà essere sempre, se continua ad esistere questo sistema economico, qualcuno che fa il “lavoro sporco”, e che facendolo produce grandissimi profitti, tutti in nero: così come lo smaltimento dei rifiuti tossici, anche la gestione del ciclo dei rifiuti, la gestione delle cave e delle discariche, l’edilizia selvaggia, le privatizzazioni, le grandi opere, gli impianti sportivi, tutto è finalizzato al riciclaggio di un inimmaginabile fiume di denaro “sporco”.

Tornando ai rifiuti industriali, in effetti, pur volendo, non si può smaltire tutto, perché solo il 50% dei rifiuti industriali prodotti in Italia può essere trattato legalmente, e allora l’altro 50% non si sa dove ficcarlo. Secondo un rapporto del prof. Venosi, ex vice presidente della commissione del ministero dell’Ambiente sulla produzione dei rifiuti industriali, l’85% dell’intera produzione appartiene a quattro regioni italiane con uno smaltimento che mette in evidenza una marcata differenza (decine di milioni di tonnellate) tra i rifiuti prodotti e quelli dichiarati[10].

Le industrie, per produrre ciò che consumiamo compulsivamente, sputano fuori parecchia robaccia tossica: quando compriamo qualcosa, stiamo acquistando anche una porzione di rifiuti tossici. Facciamocene un’idea concreta, grazie all’ottimo documentario scritto da Annie Leonard, The story of stuff[11]: per ogni sacchetto della spazzatura che produciamo (due kg circa), ce ne sono settanta di roba tossica che escono dalle industrie! Settanta! Quindi, anche se riciclassimo il 100% dei nostri rifiuti urbani, non risolveremmo il problema vero, quello dei rifiuti industriali. E delle materie prime che si utilizzano per fare le cose che compriamo cosa ci resta? L’un per cento. Il 99% dei materiali diventa rifiuto. È un sistema folle, che ci sta uccidendo, senza farcene accorgere.

Ma torniamo in Campania: il geologo Giovanni Balestri nel 2010 depositò, per conto della dda di Napoli, la relazione sulla Resit, la discarica fra Giugliano e Parete che ha inghiottito veleni industriali del Nord Italia dalla fine degli anni ‘80. Nella perizia scrisse che il percolato delle centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali interrati in quell’area penetrerà nelle falde acquifere contaminando gran parte della Regione, profetizzando il 2064 come anno in cui si consumerà il dramma. Inoltre afferma che il biogas viaggia sotto il suolo, ad alte temperature, bruciando ed indebolendo quindi le radici delle piante e delle coltivazioni che incontra nel suo cammino di morte e provocando le fumarole che siamo abituati a vedere in Campania nei luoghi del disastro ambientale[12].

E molte falde e pozzi sono già compromessi. Le stesse fonti d’acqua contaminata sono utilizzate per annaffiare i campi che producono frutta e verdura che viene poi venduta in tutta Italia: i prodotti agricoli vengono comprati a prezzi stracciati dalla grande distribuzione multinazionale, che è strafelice di lucrare, non interessandosi minimamente della qualità[13]. Il cerchio del profitto si chiude. E se le falde si inquinano così gravemente, si inquinano gravemente anche mari, laghi e fiumi, con annesse flora e fauna...

Insieme all’aria e all’acqua, quindi anche la terra e il cibo sono inquinati. Sta morendo tutto.

Chi annaffia con quell’acqua contaminata lo fa per ignoranza, che a volte si lega alla necessità di arrivare a fine mese, ma diventa anche avidità.

Avidità ed ignoranza che muovono anche chi sversa nei campi il cloruro di metilene, un pericoloso sverniciante, uno dei solventi utilizzati nella produzione in nero di scarpe e borse: ecco allora che i carnefici diventano quasi sicuramente vittime, attuando un folle suicidio in nome del profitto.

Tra le vergognose frasi sparate dai politici e dagli industriali: "evitare inutili allarmismi" (Paolo Graziano, presidente degli industriali napoletani); qui si muore di più per lo "stile di vita non sano, a causa del fumo di sigaretta" (vizio tipico dei bambini secondo il ministro Lorenzin e tanti altri) e della "cattiva alimentazione" (mangiando frutta e verdura); non è dimostrabile che qui si muore per i rifiuti, manca il nesso di causalità, la relazione causa-effetto: ma le “prove” epidemiologiche non sono sufficienti a stabilire un nesso di causalità, costituiscono solo elementi circostanziali[14]. Pare quindi che il mancato nesso venga utilizzato come scusa per non intervenire mai davvero, visto che non è mai stato cercato davvero, quando è poi più che evidente la devastazione dell’ambiente, il disagio, la puzza tossica dei roghi, le malattie, oltre alla esposizione perenne ad un cocktail di cancerogeni certi, la cui genotossicità non è negabile. Tutto ciò dovrebbe bastare, ma ove non fosse riconosciuto il nesso di causalità, esiste il “principio di precauzione” dell’Unione Europea, ovvero la strategia di gestione del rischio nei casi in cui si evidenzino indicazioni di effetti negativi sull’ambiente o sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, ma i dati disponibili non consentano una valutazione completa del rischio.

Eppure pare che il rapporto di causa/effetto tra tumori e malformazioni e la presenza di rifiuti tossici in queste zone sia stato poi scientificamente dimostrato già nel 2008 grazie ad una indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, commissionato dal contingente militare americano di stanza in provincia di Caserta: dopo la pubblicazione dei risultati, tutte le famiglie americane presenti nell’area sono state trasferite altrove, così come venne vietato di bere l’acqua del rubinetto agli stessi militari (nei comuni di Arzano, Marcianise e Villa Literno). Così il riassunto dell’indagine:

 

Sono stati evidenziati cluster con eccessi significativi della mortalità per tumore del polmone, fegato, stomaco, rene e vescica e di prevalenza delle malformazioni congenite totali, degli arti, del sistema cardiovascolare e dell’apparato urogenitale. I cluster sono concentrati in una sub-area a cavallo delle due province nella quale sono più numerosi i siti di smaltimento illegale dei rifiuti tossici.

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Tutti sanno, e nessuno fa nulla. Da sempre. Com’è possibile? Svegliamoci. È perché così devono andare le cose, così è stato deciso. Il sistema deve produrre denaro, per farlo esternalizza, cioè regala ad altri i costi che da solo non può reggere, come gli scarti, ad esempio. E conta solo il profitto, conta solo chi consuma tanto. Immaginate quanto poco potesse contare chi ancora faceva parte di una cultura ibrida città/campagna, ed ancora si autoproduceva le verdure nell’orto, senza acquistarle dalla grande distribuzione... E crea ricchezza anche una valanga di tumori, il Pil aumenta. Non contiamo nulla. Ce ne vogliamo render conto? Trattati peggio degli schiavi, per una vita di sofferenze.

E allora non c’è più tempo: va chiesta l’evacuazione di queste zone compromesse, questa è la cosa più urgente da fare: non si può continuare più a vivere così, anzi a morire così. Per alcune zone infatti la bonifica non è possibile. Ad esempio, per i 20 chilometri quadrati morti dell’area ex Resit, a Giugliano, pari a 2600 campi di calcio, secondo il commissario di governo: «Realisticamente la bonifica appare impossibile. Per legge, infatti, bisognerebbe raccogliere tutti i materiali, rimuoverli e trasportarli altrove. Stesso discorso vale per le acque. Un’impresa proibitiva».

Quindi dobbiamo avere paura di ciò che si nasconde dietro l'enorme attenzione mediatica dedicata in quest’ultimo periodo alle bonifiche, coi soliti nomi che prima sversavano ed che ora vogliono ripulire, dato che ora va di moda il capitalismo verde, l’affarismo speculatore definito come “green economy”. Dobbiamo allora richiedere solo dopo delle vere bonifiche dove è possibile, e non il movimento-terra che fanno i clan, cioè lo spostare la terra inquinata da un luogo all’altro, dobbiamo chiedere le migliori e più avanzate tecnologie, dalle alghe e alle produzioni agricole no-food, per recuperare terreni e falde, ma ci vorranno anni, si parla di oltre vent’anni. E ci vorrà la supervisione dello Stato e dell’esercito, affinché non si ripetano le false bonifiche a cui si è già assistito in passato, fatte solo per lucrare. Ma la cosa che più mi lascia perplesso, è come sfugga che sia necessaria per le bonifiche una quantità di denaro enorme: tanto da far dire ai componenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti (2000–2001) che loro sapevano degli sversamenti e non potevano far nulla poiché i soldi per le bonifiche non ci sarebbero mai stati. Questo equivale a dire che una vera bonifica costa tantissimo, più di quello che uno Stato può sborsare. E ora, nel 2013, quando ormai lo Stato italiano si è piegato e denudato davanti alle Banche europee e mondiali, accettando di inserire nella costituzione il pareggio di bilancio, e quindi non ci sono più i soldi per fare nulla, da dove prendere una montagna di soldi che non c’era già nel 2001? È quindi evidente che se ora si parla di bonifiche e lo si fa proponendo ancora leggi speciali ed emergenziali, si vuole solo mangiare altri soldi pubblici. Oltre alle lucrose bonifiche, si immagina un goloso modello di sviluppo per il futuro della Campania basato sulla speculazione industriale ed energetica: una nuova riconversione d’uso della regione, trasformando i terreni agricoli inquinati in terreni industriali, magari con l’installazione di inceneritori a biomasse per bruciare le colture inquinate, facendo comunque ricadere sul territorio le sostanze tossiche, sotto forma di fumi che sputeranno i camini. E che potrebbero anche servire per bruciare qualche ecoballa... Quindi bisogna stare molto attenti quando i movimenti fanno le loro richieste di aiuto a una classe dirigente che ha sempre lucrato sui problemi, e che ora pare se ne voglia fare carico: dati gli enormi interessi economici in gioco, il rischio è quello di dare il fianco a speculatori e aguzzini che non aspettano altro che cavalcare le proteste dei cittadini per i loro interessi.

E si parla tanto di fare qualcosa per la Terra dei Fuochi... ma nulla accade in verità. Lo Stato faccia mea culpa, si lavi la faccia e cambi registro, rompa lo scellerato patto: fermi i roghi e gli sversamenti, immediatamente! Altro che emergenza, questa è una guerra, e allora ci vuole l’esercito in ogni strada, in ogni contrada, in ogni angolo. Ci vorrebbe la legge marziale per controllare davvero il territorio, qua serve l’esercito che spara a vista chi sversa e brucia. E vanno poi aperti nuovi fronti: i controlli satellitari dei camion possono addirittura dirci cosa trasportano; va fatto un censimento dei rifiuti industriali italiani, di ogni industria bisogna sapere cosa "rifiuta" e come lo smaltisce. Va quindi colmato il gap per quanto riguarda l’impiantistica per i rifiuti tossici. Ed ancora: analizzare i suoli agricoli e le acque, esaminare l’assorbimento degli inquinanti da parte delle varie tipologie di colture vegetali, tracciando seriamente i prodotti agro-alimentari[15].

E poi bisogna guardarsi in faccia ed ammettere che finché il modo di produrre e consumare sarà questo, la situazione rischia di rimanere tragica. Bisogna esigere che ci sia totale possibilità di smaltire tutta la merda prodotta da questo sistema folle, ed ancora meglio, bisognerà esigere che non si produca più tutta la roba inutile che si produce, con annessi rifiuti tossici, ma si produca ciò di cui veramente abbiamo bisogno.

C’è un intero sistema produttivo ed economico da rivedere, l’intero stile di vita occidentale.

Possiamo e dobbiamo aspirare a una vita migliore, che abbia come fine la felicità, e non il consumo.. tossico. È il momento di svegliarci dal torpore delle comodità dei falsi bisogni consumistici, ognuno di noi deve diventare responsabile. Inquinati di tutto il mondo, unitevi.

 

OTTOBRE 2013

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[7] http://www.webnapoli24.com/2013/10/16/legge-speciale-caldoro-a-la7-con-giovani-e-chiesa-nuova-speranza-adesso risposte/

[9] Alessandro Iacuelli, Le vie infinite dei rifiuti - Il sistema campano, Edizioni Rinascita, Roma 2008.

[11] La storia delle cose, http://vimeo.com/17262810