Da L'Ippocrate, n. 2

TUTTO CAMBIERÀ. I nuovi robot e la fine del lavoro

Massimo Ammendola 

Qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.

(Arthur C. Clarke)   

 

Non ci siamo ancora resi conto di ciò che sta accadendo. Sono decenni che le macchine stanno sostituendo gli esseri umani nei più disparati lavori, ma pare che nei prossimi vent’anni la rivoluzione sarà totale, epocale. I robot miglioreranno ancora e sempre più velocemente, acquisendo nuove competenze, capacità, destrezza: auto che si guidano da sole, sistemi di sintesi e riconoscimento del linguaggio, stampanti 3D, sono soltanto la fase di riscaldamento dell’era dei computer. Entrando nella seconda età delle macchine, non immaginiamo ancora cosa ci aspetta, grazie alla nascita dell’intelligenza artificiale. Qualcuno potrebbe dire: «Ottimo! Finalmente la smetteremo di lavorare come schiavi dalle 8 alle 16 ore al giorno! La smettiamo di perdere la vita in cambio di uno stipendio, il lavoro sporco lo faranno le macchine». Magari si rompesse questo sistema! Più tempo per vivere, più tempo per goderci le cose belle della vita, non arrivando più morti a fine giornata e a fine settimana. Non buttare più le nostre energie in lavori inutili, faticosi e spesso brutti. Una vita in vacanza! E un mondo più giusto, in cui inizieremo a vivere, smettendola di sopravvivere. La liberazione dell’umanità. Ma come camperemo senza stipendio? Il capitalismo dei ricchi sempre più ricchi, e dei poveri sempre più poveri, cosa deciderà per noi? L’1% che detiene buona parte di questo pianeta ci vorrà liberare dalla fatica o renderci ancora più schiavi? Secondo Sebastian Thurn, co-fondatore del laboratorio X di Google, l’IA (intelligenza artificiale), trasformerà la gente in “lavoratori super-umani”. In questo numero cercheremo di capire qualcosa in più su IA, robot, fine del lavoro, il futuro che è già qui, ma non lo vediamo ancora chiaramente. 

Il massimo limite della razza umana è la nostra incapacità di capire la funzione esponenziale. (Albert A. Bartlett)


Una storiella racconta che un imperatore indiano volle premiare l’inventore degli scacchi per quel gioco così avvincente. L’uomo chiese un chicco di riso, da raddoppiare per ogni casella della scacchiera, in modo che ogni casella avesse il doppio di chicchi della precedente. L’imperatore rise. Ma quando si rese conto della quantità di riso, pare che fece uccidere l’uomo. Questo perché non esiste sulla Terra una tale quantità di riso: 18 quintilioni di chicchi! Il cervello umano ha effettivamente dei seri problemi a capire la crescita esponenziale, sottostimiamo quanto grandi possano diventare i numeri. Superata la prima parte della scacchiera, i numeri si fanno enormi. Ebbene, secondo la Legge di Moore, ogni anno e mezzo la potenza dei processori dei computer raddoppia, ma il prezzo è lo stesso. Ciò si avvera dal 1965, il più grande e costante esempio di crescita esponenziale. Basti pensare che un supercomputer chiamato Asci Red era usato nel 1997 per le simulazioni nucleari, ed era grande quasi come un campo da tennis, consumava l’elettricità di 800 case e costava 55 milioni di dollari. Nel 2000 era già superato. E nel 2006 era nelle case di tutto il mondo qualcosa di una potenza simile, ma molto più piccolo, come dimensione: era la Playstation 3! Abbiamo superato la prima parte della scacchiera. Non solo, si è passati da Deep Blue, il computer Ibm che batté il campione del mondo di scacchi Kasparov nel 1997, a Watson, altra macchina Ibm che si è scontrata con i due migliori giocatori di Jeopardy!, quiz americano in cui si gioca con le parole e i significati doppi di esse: e qui non bastava quindi più la semplice capacità di calcolo. Ma Watson vinse con facilità, disintegrò tutti i precedenti record umani di vincite. I miglioramenti dell’apprendimento automatico sono altrettanto incredibili, le macchine imparano dai propri errori: è la prova il traduttore di Google, che dal 2006 traduceva qualsiasi lingua, ma lo faceva davvero male. Oggi migliora sempre di più, permettendoci di tradurre testi che sarebbero stati intraducibili in passato, ascoltare pronunce, ecc., tutto ciò grazie all’autoapprendimento e al confronto con un’enorme quantità di testi. Secondo Brynjolfsson e McAfee, (La nuova rivoluzione delle macchine, 2013), siamo alla vigilia di una nuova rivoluzione industriale che stravolgerà le nostre vite, grazie a questo miglioramento costante. Ad oggi, i robot possono fare anche cose molto difficili se devono solo seguire delle regole, ma vanno in tilt per cose molto semplici, come ad esempio analizzare uno spazio, mapparlo, ricordarsi di esso e muoversi all’interno di esso. Nel 2006 il robot infermiere della Honda, Asimo, cadde rovinosamente dopo due gradini durante la sua presentazione. Oggi i robot di Amazon non sono più così ridicoli, sono ancora lenti, ma sollevano più di 150 chili e trasportano scaffali: non fanno cose straordinarie, ma le fanno bene, inesorabilmente, sostituendo per sempre il lavoro umano. E non si parla solo di lavori manuali: macchine già producono da tempo notizie, la rivista Forbes utilizza la tecnologia Narrative Science, che raccoglie dati da database, internet, social, per scrivere articoli di economia, sport, politica. Bastano 30 secondi, e il gioco è fatto. Uno dei luoghi dove è più evidente la velocità del progresso è Wall Street: oltre la metà delle operazioni di trading sono automatizzate. Gli algoritmi possono fare profitti enormi, cercando di raggirare altri algoritmi, inondando il mercato di offerte fasulle, ritirandole poi come esche, dopo frazioni di secondo. Macchine in competizione, che probabilmente sono già fuori dal controllo degli esseri umani che le avevano progettate. Negli Usa i commercialisti sono in netto calo a causa del software Turbotax, che permette un servizio impeccabile, a casa propria, a soli 49 dollari. Si sta passando dalle macchine che fanno produrre di più ai lavoratori, alle macchine che diventano i lavoratori. Quindi in un futuro prossimo, le macchine potranno fare il lavoro di impiegati, avvocati, analisti, bibliotecari, giornalisti, assicuratori, medici, ecc. Moltissimi sottovalutano questa rivoluzione, illudendosi di stare tranquilli poiché le macchine sostituiranno principalmente i lavoratori con scarsa istruzione. Ma saremo tutti stupiti. Nel film Io, robot (2004), il protagonista chiede a un robot: “Un robot può scrivere una sinfonia? Un robot può trasformare una tela in un capolavoro?”. Oggi la risposta è sì: nel 2012 un’orchestra umana ha suonato per la prima volta musica composta da macchine; e un programma di intelligenza artificiale è riuscito a “dipingere”, realizzando un ritratto astratto a partire da fotografie. Stesso discorso per avvocati, farmacisti, radiologi, scienziati: troppi lavori sono prevedibili, pochi sono i lavori creativi in cui serve pensare in maniera visionaria e fuori dal comune. Tutto ciò che è prevedibile, e si può quindi studiare ed imparare, lo faranno quindi i robot. Questo perché nell’epoca dei big data, questa enorme quantità di informazioni che produciamo, le macchine presto riusciranno a utilizzare questi dati per istruirsi da sole. Uno studio approfondito e sconcertante è stato condotto da due economisti di Oxford, Carl Benedikt Frey e Micheal Osborne, uscito nel 2013 col titolo «Il futuro della disoccupazione. Quanto sono minacciati i posti di lavoro dalla computerizzazione?». Utilizzando nuove tecniche matematiche e statistiche, hanno calcolato il probabile effetto dell’innovazione tecnologica su 702 occupazioni, elencate dalle professioni più sicure a quelle più a rischio. Tra i lavori senza problemi, nella top 5 abbiamo: 1) terapeuti creativi; 2) supervisori di operai meccanici, installatori e riparatori; 3) dirigenti di servizi di emergenza; 4) operatori sociali che si occupano di salute mentale e dipendenze; 5) audiologi. Invece agli ultimi posti, certi di perdere il posto: 698) assicuratori; 699) tecnici matematici; 700) sarti; 701) esaminatori di titoli di proprietà; 702) operatori di call center. La conclusione è che i lavori che si basano sui rapporti interpersonali e richiedono capacità di giudizio resteranno, quelli meccanici sono destinati a sparire. I software già influiscono sulla professione legale: sul lungo periodo le macchine sostituiranno gli avvocati, poiché possono analizzare meglio documenti e confrontare leggi. Ma il periodo non è poi così lungo: entro 13 anni il 47% dei posti di lavoro rientrerà nella «categoria ad alto rischio», cioè sarà automatizzabile, in particolare i lavori meno specializzati e a basso salario.  

Lo squilibrio tra ricchi e poveri è la piaga più vecchia e letale di tutte le repubbliche. (Plutarco)



Tutto ciò significa anche che chi possiederà ed interagirà con queste macchine guadagnerà tanto, e probabilmente saranno coloro che già rientrano nella fascia più alta del reddito. Le cose non cambieranno insomma, la forbice tra ricchissimi e poveri si allargherebbe ancora di più. Per due secoli la produttività e gli stipendi sono cresciuti di pari passo, ora lo stipendio medio non aumenta più, e non si creano più nuovi posti di lavoro. La ricchezza aumenta, ma viene sempre meno distribuita. Meno persone che lavorano, e chi ancora lavora lo fa per meno stipendio. La via la sta indicando già l’economia globale: i mostri del capitalismo, come Google e Facebook, raggiungono valori incredibili pur assumendo un numero infinitesimale di persone, rispetto alle proprie dimensioni e all’influenza che esercitano. Molto probabile quindi che in tutti i settori dell’economia si andrà in questa direzione. E quando inizierà a convertirsi verso l’automatizzazione un grande gruppo, in un qualsiasi settore, tutti gli altri saranno costretti ad automatizzare o a chiudere. La rivoluzione maggiore probabilmente sarà quella della costruzione di case con stampanti di grandi dimensioni, in tempi brevissimi, gestendo da sole più materiali. Il settore edile, così come lo conosciamo, sarebbe distrutto, come afferma Martin Ford (Il futuro senza lavoro, 2015). Sono quindi in pericolo tutti i lavori a basso salario, così come già sono in ginocchio o sono ormai chiusi tantissimi negozi: la vendita online ha prezzi troppo bassi, grazie alla mole di merce movimentata e grazie alla (non ecologica) consegna in giornata o in un giorno, promossa da colossi come Amazon, si neutralizza l’ultimo vantaggio del negozio fisico, ovvero la gratificazione immediata post acquisto. Altri esempi? Come in un romanzo di Philip K. Dick, i dipartimenti di polizia usano l’analisi degli algoritmi per prevedere i luoghi e gli orari dove è più probabile che accadano i crimini. Le grandi aziende si affidano ai dati, i cosiddetti people analytics, per assumere, licenziare, valutare e promuovere i lavoratori. Una quantità di dati impressionante, si controllano tutti i click su tastiera e mouse, email, ricerche sul web, accessi a file. E non è detto che i lavoratori lo sappiano, più tecnologia significa di certo più controllo dall’alto. Cresceranno i negozi automatici e i chioschi intelligenti, che permetteranno di tagliare sui maggiori costi: immobili, manodopera, furti di commessi e clienti. Altro fenomeno rivoluzionario, l’introduzione di automazione e robot nei negozi tradizionali, costretti a farlo per resistere e restare competitivi, ad esempio per gestire e rifornire gli scaffali, alle casse, all’assistenza clienti: i negozi vanno verso la trasformazione in enormi distributori automatici. Il punto debole, specie in ambiti delicati come i trasporti, o la sanità, è quello della sicurezza informatica: in caso di attacchi hacker, le conseguenze potrebbero essere spaventose.

Il prodotto interno lordo non comprende la bellezza della nostra poesia […].

In parole povere misura tutto quanto a parte ciò che rende la vita degna di essere vissuta.

(Robert F. Kennedy)



Ma tutta questa automazione quindi che cosa potrebbe provocare? Ipoteticamente posti di lavoro persi, costi di gestione abbattuti, prezzi in calo, ma profitti alle stelle per i produttori: tanti potrebbero diventare inutili, senza reddito, e senza godere di tutti i miglioramenti possibili, con i ricchi ancora più ricchi. Però le macchine non consumano, e se sempre meno gente spende, l’economia capitalistica sarebbe in breve tempo in ginocchio. Quindi da sinistra e da destra, e finanche dalla Silicon Valley, la soluzione sembra una sola: il reddito universale: tutti con un reddito fisso mensile, per fare andare ancora avanti (pericolosamente) il capitalismo, così come lo conosciamo, facendo finta che il pianeta abbia risorse infinite, e che la questione ecologica non esista. O per vivere una vita degna di essere vissuta in mondo diverso, ecologico, demercificato, liberando il tempo e offrendo possibilità nuove a un’umanità finalmente libera. A tutti quelli che dicono che non ci sono i soldi, ed è quindi un’idea irrealizzabile: nel 2008 per salvare le banche il governo americano ha trovato 700 miliardi di dollari, che nel 2015 sono diventati 5mila miliardi... Molto più di quanto necessario per un reddito universale e sostanzioso. Si eliminerebbe il ricatto del lavoro povero, cioè il l’obbligo di accettare salari indecenti pur di guadagnare qualcosa, facendosi mangiare la vita dal lavoro. Magari si potrebbero tassare i signori della smisurata rendita digitale, che guadagnano dal nostro utilizzo della rete e dei cellulari, e potrebbero darci indietro qualcosa, visto che lavoriamo per loro, gratis. Ma questo potrebbe essere lo scenario di lungo termine più ottimistico, altri scenari sono decisamente più spaventosi: in un ipotetico tecnofeudalesimo (come quello proposto da film Elysium, del 2013), si può immaginare che i settori che oggi trainano l’economia siano rimpiazzati da nuovi settori incentrati sulla produzione di beni e servizi di alto valore rivolti esclusivamente all’elite di super ricchi, i Signori dei Robot, e tutta l’umanità sarebbe privata di fatto dei propri diritti (e forse già ci siamo, l’umanità è già schiavizzata). La novità starebbe nel fatto che questa plutocrazia si chiuderebbe in comunità recintate o città d’élite, protette da robot e droni militari, e i servi della gleba che nel Medioevo erano essenziali saranno inutili. Nel maggio 2014 il fisico Stephen Hawking ha firmato con altri scienziati un articolo per lanciare un allarme sui pericoli legati al rapido progresso dell’intelligenza artificiale: la creazione di una vera e propria macchina pensante sarebbe l’evento più importante della storia umana. Il fatto di liquidare tutto questo come fantascienza potrebbe rivelarsi “potenzialmente l’errore più grave da noi commesso nella storia”. Tutte le tecnologie automatizzate impiegano un’intelligenza artificiale specialistica o “ristretta”, detta anche IA debole. Ma ciò non è un ostacolo all’automazione di moltissimi posti di lavoro. Un computer non deve imitare tutta l’intelligenza umana per soffiarci il lavoro, basta che compia quelle azioni, spesso ripetitive e di routine, che compiamo per ricevere uno stipendio. Ma il sacro Graal resta il tentativo di creare un sistema davvero intelligente, in grado di concepire nuove idee, manifestare consapevolezza, condurre conversazioni coerenti. Se e quando avverrà il grande passo, sul pianeta ci sarà qualcosa di veramente nuovo, un intelletto davvero alieno, e superiore al nostro. E che mirerà a migliorarsi continuamente. Le conseguenze sarebbero enormi, “romperebbe il tessuto della storia”, dice il guru Ray Kurzweil, padre della Singolarità: una nuova epoca in cui i morti rinasceranno recuperando il loro Dna dalle tombe grazie alla nanotecnologia del futuro, ci fonderemo con le macchine, potenziandoci con impianti cerebrali, per comprendere e controllare la tecnologia, riducendo l’invecchiamento, fino a raggiungere l’immortalità. Un pazzo visionario? Se non fosse che il gotha dei miliardari della Silicon Valley ha mostrato enorme interesse per la Singolarità. Basti pensare che Google lo ha assunto per dirigere le ricerche sull’IA. Lo scenario più spaventoso ed incredibile è che, qualora si raggiunga l’obiettivo, l’IA possa uscire dal laboratorio in cui sarà creata, e che possa prendere il controllo del mondo. Sembra un’idea fantastica, ridicola. Eppure l’interesse dei militari, degli enti di sicurezza e delle maggiori corporation, è enorme: ed il vantaggio della prima mossa, di chi riuscirà a creare per primo la vera IA, sarà stratosferico. E da quel momento le macchine potrebbero fare qualsiasi cosa, e nessuno più riuscirebbe a ricavare reddito da lavoro. Il reddito da capitale, ovvero derivante dalla proprietà delle macchine, si concentrerebbe nelle mani di una ristrettissima casta. Anche la nanotecnologia potrebbe dare un grosso scossone al mondo: se si giungerà ad un vero ed immediato assemblaggio di molecole, potremo produrre qualsiasi cosa in pochi secondi, come il replicatore di Star Trek: un impianto potrà assemblare un prodotto complesso come un’automobile in pochi minuti. O l’opposto, disassemblarlo fino alle materie prime originarie, che poi potrebbero essere totalmente riciclate. Ciò ovviamente causerebbe la rovina di interi settori dell’economia. Anche qui, è una corsa agli armamenti: chi ci arriva prima, vince tutto.

 

MARZO 2020